Dispersioni. Cultura letteraria a Mantova tra Medio Evo e Umanesimo
Officina Libraria
Milano, 2017; br., pp. 271, ill., cm 24x12.
ISBN: 88-97737-18-8
- EAN13: 9788897737186
Soggetto: Saggi (Arte o Architettura)
Periodo: 0-1000 (0-XI) Antico,1000-1400 (XII-XIV) Medioevo
Luoghi: Lombardia
Testo in:
Peso: 0.65 kg
La storia della cultura italiana tra Medio Evo e Umanesimo è innanzitutto una storia di centri geografici, di uomini e di libri che operano e che si spostano tra città e corti diverse in uno scacchiere complesso e mutevole. Nell'Italia settentrionale una delle maglie più importanti di quella rete è costituita dalla città di Mantova e dalla corte dei Gonzaga che, saliti al potere nel 1328, la dominarono per tre secoli. Questo libro ricostruisce la prima fase della signoria gonzaghesca, spingendosi fino agli estremi del Quattrocento e spiega che cosa accade nel contesto letterario cittadino mentre in quello figurativo si alternano esperienze cruciali come quelle di Pisanello e di Andrea Mantegna. Le ricerche portano in luce protagonisti noti e meno noti: i primi seguaci di Petrarca, Vittorino da Feltre maestro umanista con i suoi allievi pronti a spargersi per l'Europa, versatili funzionari di corte lesti a capire i vantaggi della nuova arte tipografica, gentiluomini della bella società intenti ad appropriarsi delle ultime mode poetiche fiorentine, stampatori impazienti di approntare nuove edizioni di Dante e di Boccaccio. Nella sfera intellettuale dell'elite gonzaghesca pulsano e si amplificano le dinamiche più generali dell'epoca, ma "Dispersioni" non trascura nemmeno la cultura diffusa, le letture della borghesia esterna alla corte, proponendo una visione sociologicamente equilibrata che recupera i frammenti di un quadro lacerato dal tempo e discostandosi dai non pochi luoghi comuni accumulatisi nella bibliografia corrente. Alla narrazione dei fatti segue un'antologia di testi e documenti che espone i dettagli, vicende piccole e grandi, il giro vorticoso di persone e libri in città lungo gli anni, in un modo storicamente più vero, non oleografico e forse per questo più «sentimentale».