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Piero della Francesca e la cultura prospettica

Il Sole 24 Ore Libri

Milano, 2007; br., pp. 360, ill. col., tavv. col., cm 23x28,5.
(I grandi maestri dell'arte. L'artista e il suo tempo. 12).

collana: I grandi maestri dell'arte. L'artista e il suo tempo

Soggetto: Pittura e Disegno - Monografie

Periodo: 1400-1800 (XV-XVIII) Rinascimento

Testo in: testo in  italiano  

Peso: 1.92 kg


Rispetto ad artisti come Masaccio, l'Angelico o Paolo Uccello, suoi celebri contemporanei, Piero della Francesca non visse e non operò a lungo a Firenze, capitale delle arti figurative nel Quattrocento. Originario di Borgo San Sepolcro, il grande maestro fu attivo soprattutto nell'area relativamente provinciale che gli dette i natali, o nei centri delle signorie centroitaliane che accolsero con entusiasmo la sua pittura fortemente innovativa e come rigeneratrice di un linguaggio volutamente all'antica, basato sulle regole certe della prospettiva e delle proporzioni razionalmente misurate. Quel linguaggio, che pure era nato proprio a Firenze - centro di un fugace ma determinante soggiorno giovanile dello stesso Piero nel 1439 - fu diffuso dal borghigiano in città e ambienti culturali come Rimini, Ferrara, Arezzo, Roma, Urbino. Questi erano allora centri artistici di minor peso rispetto a Firenze, a Siena, a Venezia; ma il passaggio di Piero e il divulgarsi della sua lezione prospettica li rese rapidamente così importanti, da costituire una reale alternativa culturale alla grande tradizione. Questa vocazione altamente 'provinciale' di Piero ha impedito che attorno al suo nome si creasse fin dal Rinascimento un mito storiografico, come avvenne invece per artisti altrettanto importanti operosi nei centri più legati al mondo degli umanisti, come Padova o la stessa Firenze. Così sarà necessario attendere, in gran parte, gli studi del Novecento per riscoprire la grandezza davvero incomparabile della sua pittura. Eppure, nonostante la sua solitaria e come appartata esistenza, che dai documenti appare caratterizzata da una modestia tipica di una certa antica Italia agricola, la pittura di Piero fu in gran parte determinante per unire le varie regioni della penisola sotto un linguaggio artistico con caratteri comuni; etra questi, innanzitutto, quello rappresentato dalla cultura prospettica. Fu questo uno stile che segnò non solo l'opera di grandi pittori, diretti seguaci del borghigiano, come Melozzo da Forlì o Antoniazzo Romano, ma anche la storia della tarsia lignea, con personalità di spicco come quella del ferrarese Cristoforo da Lendinara, amico di Piero, o quella del senese Antonio Barili, operoso ormai alla fine del secolo.

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