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Flametti o del Dandismo dei Poveri

Campanotto Editore

A cura di Taino P.
Pasian di Prato, 2006; br., pp. 272, ill. b/n, cm 12x17.
(Zeta Internazionale. 20).

collana: Zeta Internazionale

ISBN: 88-456-0745-3 - EAN13: 9788845607455

Periodo: 1800-1960 (XIX-XX) Moderno,1960- Contemporaneo

Testo in: testo in  italiano  

Peso: 0.3 kg


Letteratura e arti figurative ricordano Hugo Ball (1886-1927) quale artefice e principale animatore del movimento dada, diffusosi dal Cabaret Voltaire di Zurigo, come una febbre contagiosa, a Vienna, Berlino, Praga, Parigi, Mosca e New York. Poeta negletto, quest'uomo incarna più d'una contraddizione nella vita e negli scritti: a romanzi e versi innovativi, ma anche anarchici e ribelli, affianca alcuni saggi e una biografia di Hesse, che nulla hanno di "eversivo".
È uno scrittore che non ha avuto fortuna. A nessun altro della generazione espressionista è successo di vedere tanto ostacolata dal peso dei tabù culturali la diffusione delle proprie opere. Il rifiuto da parte di critica e lettori ha tuttavia poco a che vedere con la negazione dell'artista "tradizionale" voluta dai dada; il motivo va cercato piuttosto nell'impatto dei trattati politico-filosofici, di censura estrema non solo verso le scelte esecrabili della classe dirigente e degli J u n k e r, ma anche nei confronti di una parte importante della tradizione culturale tedesca.
Il romanzo Flametti è ambientato a Zurigo negli anni della prima guerra mondiale e presenta le vicende d'una compagnia di varietà. Parodia della sete irrequieta di anticonformismo dell'avanguardia letteraria, mette in ridicolo anche la millanteria del piccolo borghese, il cui gusto, che si pretende raffinato, stride con le sue pose grottesche. Il protagonista, che procura ai compari innumerevoli fastidi con il suo temperamnento collerico, è perennemente in fuga dalla realtà. Non mostra alcun interesse per un'analisi sociale, in un'arena in cui tutti sono amareggiati contro tutti; la sua massima preoccupazione è quella di creare un mondo privato con riti e regole speciali. Di fronte all'avvilimento che domina il capitolo finale, neppure le illusioni hanno più campo e il dandismo dei poveri è sopraffatto dalla miseria quotidiana. Manca una prospettiva per il futuro, che vada al di là del prossimo spettacolo e il Prato delle volpi, il quartiere che è teatro della vicenda, diventa un'antiutopia senza speranza, da cui è impossibile uscire.

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