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Il tempo diviso. Poesia e guerra in Sereni, Fortini

Salerno Editrice

Roma, 2023; br., pp. 120, cm 12x24.
(Studi e Saggi. 70).

collana: Studi e Saggi

ISBN: 88-6973-736-5 - EAN13: 9788869737367

Periodo: 1800-1960 (XIX-XX) Moderno

Testo in: testo in  italiano  

Peso: 0.65 kg


All'indomani del secondo conflitto mondiale, Vittorio Sereni, Franco Fortini, Giorgio Caproni e Mario Luzi provarono a restituire nei loro versi le conseguenze del trauma di massa per eccellenza, la guerra. Nati tra il 1912 e il 1917, questi quattro poeti trascorsero la "giovinezza" durante il Ventennio fascista; il passaggio alla maturità coincise, quindi, con lo choc bellico. Tre di loro furono direttamente coinvolti e chiamati alle armi: Sereni, Fortini e Caproni. Ma il '43 rappresentò uno spartiacque per tutti: con l'arrivo degli Alleati, Sereni fu catturato in Sicilia e deportato nei campi di prigionia in Algeria e Marocco; Fortini fuggì in Svizzera e partecipò alla breve esperienza della resistenza con la Repubblica dell'Ossola; Caproni trascorse i diciannove mesi dell'Italia divisa partecipando alla resistenza in Val Trebbia. Luzi fu invece riformato per insufficienza toracica, ma durante i bombardamenti che colpirono Firenze la sua casa venne completamente distrutta e scontò anche lui direttamente i devastanti effetti del conflitto. I quattro giovani videro la propria biografia spezzata dalla guerra, un evento che non solo agì sull'esperienza vissuta ma determinò la loro fisionomia culturale, intellettuale e poetica: il tempo stesso appariva ormai diviso, rotto, "inceppato", come dirà Sereni. Ecco perché nei libri di poesia che concepirono nel dopoguerra la frattura temporale causata dalla ferita bellica sembra raggiungere il passato, fino a torcerlo; ma mentre in Sereni, Caproni e Luzi, la possibilità del racconto viene del tutto a mancare, nella poesia di Fortini lo strappo traumatico si ricuce dentro una storia nuova. Non più da ricostruire, ma da cominciare a scrivere, in vista di un tempo "altro". Il presente diventa attesa, proprio come il passato, che nella poesia impetra l'avvenire.

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