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Lettere a Sophia sulla religione, sull'anima umana e sull'esistenza di Dio

Bonanno

A cura di Quintili P. e Cerere A.
Traduzione di Carli S.
Acireale, 2099; br., pp. 332, cm 14x21.
(Classici del Pensiero Critico. 2).

collana: Classici del Pensiero Critico.

ISBN: 88-6318-339-2 - EAN13: 9788863183399

Periodo: 1400-1800 (XV-XVIII) Rinascimento,1800-1960 (XIX-XX) Moderno

Testo in: testo in  italiano  

Peso: 0 kg


«Avete visto le Lettere a Sofia?» Questa domanda, formulata in una lettera del luglio 1770 da un informatore residente a Parigi al suo nobile corrispondente e protettore, un amico di filosofi residente nel Poitou, ci fornisce la data di pubblicazione del testo, al quale un manoscritto, copiato molto probabilmente dall'edizione a stampa, dà un titolo più eloquente, anche se fuorviante (Lettere sulla Religione, sull'anima umana e sull'esistenza di Dio): queste Lettere incompiute trattano solo i primi due, dei tre temi annunciati. Lo fanno sul modello e nello spirito di un buon numero di opere anticristiane, atee e materialiste, più o meno notoriamente clandestine, della letteratura filosofica dell'età compresa tra Sei e Settecento, che affondano le radici nell'erudizione libertina, ma sfociano in strutture bizzarre, e lo fanno prendendo in prestito da fonti insolite e utilizzando procedimenti sconcertanti, accentuando fino alla caricatura le caratteristiche di questa letteratura, nella sua acutezza, audacia e umorismo, così come nelle sue semplificazioni, soperchierie e ripetizioni. Quest'opera enigmatica, il cui autore e molte delle sue caratteristiche sono ancora da chiarire, segna al tempo stesso il coronamento di una linea di filiazione (libertina, materialista, illuminista) e il suo esaurimento, il dogmatismo e l'insoddisfazione, l'affermarsi in una tradizione e l'attesa di tempi nuovi. Questo può spiegare sia l'oscurità in cui il successo del coevo Sistema della natura di d'Holbach la fece precipitare, al momento della sua pubblicazione, sia un percorso sotterraneo che porterà il marchese de Sade, nella Nouvelle Justine (1799), ad attingervi spudoratamente per alimentare il discorso filosofico di uno dei suoi personaggi.

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