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Scritture. Poesie edite e inedite

Genesi

Torino, 2015; br., pp. 448.
(Collana Autori Moderni. 7).

collana: Collana Autori Moderni

ISBN: 88-7414-488-1 - EAN13: 9788874144884

Testo in: testo in  italiano  

Peso: 2.15 kg


Questa antologia d'autore, dedicata al poeta milanese Fausto Cercignani, copre esattamente un trentennio di pubblicazioni e circa trentacinque an­ni di scrittura poetica, dai primi scritti dati alle stam­pe dopo quasi un lustro di sedimentazione riflessiva, per giungere fino agli inediti più recenti, selezionati tra le ultime produzioni. Si tratta della ricapitolazione più documentata e ampia attualmente disponibile riguardante i fondamenti e la vastità della ricerca poetica compiuta dall'Autore in tanti anni di devota fedeltà alla poesia.
La figura umana e letteraria di Cercignani è a tal punto complessa, che appare opportuno iniziare a parlare di lui in sordina, con un'osservazione "a minore" e illustrare la sua "anomalia milanese". Infatti, benché perfettamente inserito nel dibattito di ricerca sulla poesia contemporanea nazionale, che trova nella città di Milano una delle piazze letterarie italiane di massima espressione, Fausto Cercignani "ha saputo creare una sua personalissima nicchia, che nulla deve alla scuola lombarda, a lui vicina so­lo geograficamente. I suoi componimenti non offrono sensazioni o narrazioni, ma piuttosto percezioni, poiché il poeta penetra con lo sguardo nell'essenza delle cose". Pertanto, nella sua opera, non è presente la quotidianità mondana, epicizzata in evento letterario e memorabile, come prescrivono i canoni della linea poetica lombarda, ma viene sviluppata in alternativa una epistemologia della dissoluzione del reale e di conseguenza viene anche formulata una palingenetica rifondazione dell'essere. Eppure, si collocherebbe subito fuori capitolo chi pensasse a Cercignani come a un caso di poète philosophe. Egli è tutt'altro: è un lirico puro. Ciò significa: essenzialità, rigore, perfettibilità, lucen­tez­­za, mistero, malia e incanto della forma della paro­la. Più propriamente, significa: il processo di transumanare della parola, cioè il passaggio dalla for­ma alla sostanza. La singolare scommessa di Cercignani sta nella concezione diacronica della parola rispetto al fatto. Tra i due elementi semantici non c'è alcuna sincronia, come invece vorrebbero gran parte dei poeti contemporanei, bensì c'è una rifrazione incantatrice che innesca un consolatorio inganno della mente. Noi ci illudiamo di nominare il reale e, quindi, ci convinciamo di declinare e di coniugare la conoscenza delle cose. In verità, usiamo delle forme espressive e comunicative - le parole - che hanno una loro valenza autonoma e diacronica rispetto alla realtà, e che si muovono in una nebbia al­trettanto anfibologica e indeterminata, quanto sono i fatti del mondo. Il poeta è consapevole di possedere questi due sistemi autonomi di velamento della verità: il fatto e la parola. Ambedue sono simulacri autonomi dell'essere. Ambedue interessano al poeta, ma in modo diacronico scatta, nel poeta, una primazia per il controllo della parola, in quanto nominare la parola è espressione di volontà manifesta da parte del poeta. Nominare le parole è, quindi, un atto puro, che ha sicuramente pre­cedenza rispetto alla narrazione dei fatti; que­st'ultima rimane, di conseguenza, un'azione spuria della mente, contaminata da concatenazioni di causalità e di casualità. Sia concesso ricorrere alla metafora della luce e del colore, le quali - ut pictura - mettono in rapporto di affinità il pittore con il poe­ta, il quale ultimo dovrà vedersela con il fatto e la parola. Il pittore è, sì, immerso nella luce come il poeta lo è nella realtà, e rappresenta la visione con il colore, esattamente come il poeta rappresenta il reale con le parole. Ma il colore è tutt'altra cosa, totalmente autonoma e diacronica rispetto alla visione che è demandato a rappresentare. Alla fine, il pittore matura la convinzione che la sua priorità consista nel controllo del colore, e solo successivamente della visione che intende esprimere. Chi scri­ve queste brevi note - che si augura non appaiano né pedanti né apodittiche - è convinto che Fausto Cercignani sia il poeta italiano - e non solo italiano - che si è spinto più in avanti con coerenza e con merito nella ricerca dell'autonomia della parola poetica rispetto alla rifrazione emotiva e percettiva che il reale suscita, come inganno della mente, all'interno del linguaggio. E nel formulare questo positivo primato, lo scrivente ha il demerito, ma anche il conforto, di non essere arrivato per primo a riconoscere il valore della poesia di Cercignani.
A proposito della sua prima silloge (Fiore siglato, Firenze, 1988), Ghino Ghinassi mette in evidenza la straordinaria capacità del poeta di ricreare un'età primordiale in cui tutto si ritrova e al tempo stesso si annulla, come se la voce lirica venisse da tempi e luoghi perduti nella storia del mito e del sentire dell'uomo. Fiore siglato contiene anche una ventina di componimenti dedicati ad altrettanti drammi shakespeariani, un contesto forse ancora più "alto", in cui, grazie all'impostazione originale dei temi e dei motivi, Fausto Cercignani riesce a coniugare il variegato mondo del Bardo con la contemporaneità del suo riflettere e domandare. Altri componimenti di questo ciclo shakespeariano (che ne comprende trentaquattro) sono usciti sull'Almanacco dello Specchio (vol. 13, 1989), con un'introduzione di Roberto Mussapi.

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