Geopolitica dei pensieri perversi
Algra
Viagrande, 2023; br., pp. 288, cm 16x23.
ISBN: 88-9341-656-5
- EAN13: 9788893416566
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Il Potere – a prescindere dall’area geopolitica che lo esprime – pretende sempre l’adesione acritica ai (dis)valori che lo sottendono, l’obbedienza ostentata, l’adeguamento incondizionato dell’arte, della cultura e dei media al canone ideologico, la sottomissione della scienza. Le decisioni prese da chi lo detiene sono sempre impenetrabili. Non esistono poteri buoni e poteri cattivi: il Potere è intrinsecamente a-morale e rigetta l’éthica ritenendola un corpo a sé estraneo. Usa però il moralismo ideologizzato per dividere e alimentare il conflitto. Il suo unico scopo è quello di autoperpetuarsi. Passa dalla ridicolizzazione del dissenso alla censura, e quando si sente minacciato non esita a sostituire gli òstraka con la ghigliottina. Lascia un’illusione di libertà soltanto in relazione a quegli argomenti che non lo insidiano. L’ordine geopolitico emerso da Yalta ha disvelato le conseguenze nefaste del socialismo “reale”. E con la caduta del Muro abbiamo assistito alla nascita di un nuovo ordine geopolitico creato dal parimenti nefasto liberalismo “reale”: talché, il Potere pretende ora di egemonizzarci ricorrendo al pensiero unico declinato nel politically correct per nascondere l’Abyss spalancato dalla cancel culture, dalla biopolitica, dai dogmi sessuali e dal credo climatista. Per difendere libertà di pensiero e diritti sociali, è necessario incominciare a destrutturare ideologicamente – nonché linguisticamente – queste pseudo-valorialità create, a scopo lisergico, dalla democratura euro-atlantica: un regime nelle mani di opachi oligarchi adusi al sistema delle revolving doors, e assistiti da generosi finanziatori di fondazioni votate a ineffabili cause dirittiste. Nel contempo, occorre ridare slancio politico allo Stato sociale al fine di contenere le drammatiche derive neo liberiste realizzate dalle élite adoratrici del mercato globale, dei diritti (in)civili e del progresso illimitato. Qualcuno griderà allo scandalo di fronte ai miei pensieri perversi ed eretici. Ebbene, non mi preoccuperò più di tanto: è mia ferma intenzione asserire l’irriducibilità del pensiero critico. Soltanto dove esistono il pensiero critico e il pieno rispetto per il pluralismo delle idee si può parlare weberianamente di progresso, cui aggiungo l’aggettivo “umano”. E – soprattutto – di democrazia.