Roma Pop City 60-67
Crescentini Claudio - Pirani Federica
Manfredi Edizioni
Roma, MACRO, 13 luglio - 27 novembre 2016.
A cura di Crescentini C., D'Orazio C. e Pirani F.
Imola, 2016; br., pp. 304, ill. col., cm 23x27.
ISBN: 88-99519-20-X - EAN13: 9788899519209
Soggetto: Arti Grafiche (Disegno, Incisione, Miniatura),Collezioni,Saggi (Arte o Architettura)
Periodo: 1960- Contemporaneo
Luoghi: Roma
Testo in:
Peso: 1.86 kg
La città, non da guadare ma da interpretare e da intendere anche come ambiente, vita, cultura e società, collegata alle nuove tecnologie industriali, produttive e costruttive così come a quelle espressive e mediali. Il cinema prima di tutto, con l'imperante egemonia tecnica, creativa ed estetica di Cinecittà. La televisione, nuovo schermo, filtro visivo che inizia, proprio in questo periodo, ad entrare nella realtà pittorica e quindi espressiva degli artisti di Roma, ma non solo. Artisti qui individuati in quel microcosmo creativo ed esaltante della cosiddetta "Scuola di piazza del Popolo" ovvero il - cosiddetto - "Pop romano", denominazioni ormai superate dagli stessi critici e artisti che però nel tempo sono andate circolando soprattutto per esigenze, diciamo così, giornalistiche o per meglio dire critico-giornalistiche. Come ricorda anche Maurizio Calvesi nel 1967, nel saggio del catalogo della mostra Otto pittori romani (Angeli, Ceroli, Festa, Fioroni, Kounellis, Pascali, Schifano, Tacchi) alla Galleria De' Foscherari di Bologna, "Se piazza del popolo non significasse, come significa, piazza del pioppo, potrebbe esserci una specie di destinazione (ma chi dice che il destino non sia anche ignorante?) nel rimando da popolo a pop. Scuola di piazza del Popolo, ovvero i Pop romani: sono infatti le due definizioni più frequenti anche se, ovviamente, la seconda è odiosa agli interessati, come qualsiasi etichetta genericamente cumulativa e, in sostanza, impropria". Ma gli artisti sono quelli e il luogo d'incontri è preciso, Roma, al caffè Rosati, in piazza del Popolo. E la creatività, il loro valore, è indiscusso. Etichette quindi che non chiudono e fissano quella che è l'estrema libertà creativa e inventiva di questi artisti e soprattutto il loro rapporto con Roma, una città in continua evoluzione che entra così di prepotenza nella loro orbita creativa, senza però mettere in atto un rapporto deviante con il passato e con quello recente in particolare. Come nei possibili riscontri, ormai storicizzati, fra gli artisti presentati e, ad esempio, la decostruzione della materia artistica di Alberto Burri, così come con le forme espressive di Ettore Colla o ancora la matericità e gli insegnamenti di Toti Scialoja. Artisti considerati proprio come maestri dai nuovi pittori di piazza del Popolo, proprio per la forza della loro rottura con il passato e soprattutto per il superamento dell'Informe. Maestri quindi riconosciuti, anche se non unici, come fondante originario di questa nuova realtà artistica, sulla quale abbiamo voluto però totalmente costruire la struttura stessa della mostra, al di là dei maestri stessi.
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