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Il porto di pesaro

Minerva Edizioni

Ristampa anastatica dell'edizione del 1757.
ARGELATO, 2004; br., pp. 88, cm 20x26.

Soggetto: Arte Libraria (Carte, Mappe, Codici Miniati),Ristampe anastatiche, Epistolari

Periodo: 1400-1800 (XV-XVIII) Rinascimento

Luoghi: Umbria e Marche

Testo in: testo in  italiano  

Peso: 0.37 kg


Il volume fa seguito alla pubblicazione in anastatica di Della fondazione di Pesaro di Annibale degli Abati Olivieri, accolta con favore; si tratta di uno studio sul Il porto di Pesaro, pubblicato dal grande studioso pesarese nel 1757, un testo fondante della moderna storiografia pesarese. L'argomento trattato è di notevole complessità e di grande interesse, svolto con ricchezza di riferimenti storici e con l'apporto di molti dati documentari di svariata natura, riguardanti anche la topografia del sito pesarese.
Con sicurezza e chiarezza l'Olivieri identifica i luoghi in cui sorgevano il porto antico e quello medievale di Pesaro, e riporta ad una illuminata idea (e alla generosità) del duca Francesco Maria II della Rovere la fondazione del porto moderno, costruito nel 1613-14. Inoltre racconta delle caratteristiche e delle difficoltà di questi porti, che in tutti i tempi sono stati davvero importanti per la vita della città, e in tutti i tempi sono andati incontro a svariate difficoltà e sventure come la generalità dei "porti di canale", sostanzialmente foci di fiumi innaturalmente "corrette". I porti, con i loro traffici e i loro regolamenti, i loro soprastanti e i loro progettisti, dalle origini fino alla fondazione del porto "nuovo di pianta" condotto per "retta via", prendono vita nelle pagine dell'Olivieri; sagace ricercatore e attento testimone, egli non manca di ricordare le fiumane e le burrasche che causarono danni e provocarono tragedie di mare e di terra, da quelle del 1612 a quelle del 1700, fino alla disastrosa inondazione osservata di persona nel 1765, che spazzò via gran parte dei lavori promossi appena una quindicina d'anni prima dal cardinale Giovan Francesco Stoppani, presidente della provincia, e progettati dal cavaliere Giovan Francesco Buonamici, architetto pontificio.
Come tutti gli altri saggi dell'Olivieri, anche queste sue Memorie oggi ci appaiono di ardua lettura, non tanto per il linguaggio, che è piano, positivo, privo di retorica, quanto per le divagazioni archeologiche, le digressioni erudite, i riferimenti colti a documenti, opere, reperti archeologici e iscrizioni antiche e moderne: secondo un metodo e un gusto diffusi, anzi caratteristici, della miglior tradizione erudita settecentesca, ma in lui mai inutili o gratuiti, e anzi necessari per ancorare saldamente i fatti a vicende più ampie e per dare concretezza alla storia. Una storia lunga, che prende le mosse dai "Siculi, nostri primi fondatori", per giungere ai moderni con l'apprezzata attività del pesarese Nicola Ardizi, "cavaliere ingegnosissimo" morto nel 1772; e che vede affacciarsi alla ribalta più o meno brevemente figure di tutto rispetto, come Pandolfo Malatesta e Filippo Brunelleschi, Alessandro e Costanzo Sforza e Francesco Maria della Rovere, l'architetto pesarese Nicolò Sabbatini e l'ingegnere olandese Cornelio Mejer.
Un'edizione quanto più possibile simile all'originaria settecentesca utile ad approfondire la conoscenza della città e di quel grande studioso che è stato Annibale degli Abati Olivieri, cui dobbiamo molto, e che viene ricordato spesso, ma raramente viene riletto.

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