Vite dei santi Padri
A cura di Delcorno C.
Tavarnuzze, 2010; 2 voll., ril., pp. 1675.
(Archivio Romanzo. 15).
collana: Archivio Romanzo.
ISBN: 88-8450-320-5
- EAN13: 9788884503206
Soggetto: Arte Libraria (Carte, Mappe, Codici Miniati),Ristampe anastatiche, Epistolari,Società e Tradizioni
Extra: Religione e Arte Religiosa
Testo in:
Peso: 8.84 kg
Domenico Cavalca compone verso il 1330 le Vite dei santi Padri, traduzione delle Vitae Patrum, la raccolta della più antica letteratura monastica orientale, formatasi attorno al nucleo della Vita di Antonio, delle biografie di san Gerolamo e dei "detti" dei Padri del deserto. Il libro costituì un modello di comportamento per i religiosi e soprattutto per i laici, uomini e donne, specie raccolti in confraternite o in altri movimenti di penitenza; ma attirò poi, fra Tre e Quattrocento, l'attenzione dei più esigenti spiriti religiosi, coinvolgendo in età umanistica anche l'aristocrazia delle corti dei Visconti e degli Aragonesi. Al fascino narrativo delle "storie del deserto" si univa una sorta di interiorizzazione dell'eremo, l'idea che il deserto e la "vita angelica" fossero da interpretare come una realtà della coscienza. Le storie degli eremiti orientali sono parte importante dell'immaginario italiano, come confermano le variazioni narrative di grandi scrittori (da Petrarca a Boccaccio a Tasso), l'uso "esemplare" frequentissimo nella predicazione, le innumerevoli interpretazioni degli artisti (dai miniatori ai pittori di "Tebaidi" fino allo straordinario affrescatore della famosa parete degli "Anacoreti" nel Camposanto di Pisa). Le Vite, subito riscritte in volgare fiorentino, conobbero in questa veste un enorme successo, fino a metà del secolo XIX, quando furono pubblicate per l'ultima volta integralmente a cura del Sorio e del Racheli (Lloyd di Trieste, 1858). La presente edizione è la prima a ricostruire il testo del Cavalca rispettando l'originaria forma linguistica pisana.