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Dal governo dell'Arte all'Arte del governo

Campanotto Editore

Pasian di Prato, 2024; br., pp. 128, cm 11,5x16.

ISBN: 88-456-1838-2 - EAN13: 9788845618383

Soggetto: Saggi (Arte o Architettura)

Testo in: testo in  italiano  

Peso: 0 kg


Nel suo saggio, Ettore Le Donne fa spesso riferimento all'arte e all'immagine visiva. Potremmo allora iniziare immaginandoci Filippo Tommaso Marinetti con la divisa turchina con i ricami d'argento dell'Accademia d'Italia, pantaloni larghi, spalle larghe. Sì perché sin dalla creazione dell'Accademia, nel settembre del 1929, l'antiaccademico Marinetti - quello che nel febbraio del 1909, annunciando il manifesto del futurismo, proclamava di voler "distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d'ogni specie" - è poi finito per essere sin da subito segretario della sezione letteraria dell'istituzione mussoliniana che cancellava tutte le accademie per incipriarsi solo della propria, politicamente controllatissima.
Questa è la fine che fanno molti di coloro che gridano, e chi gridò più dei futuristi? Non furono loro, tra l'altro, con un anno di proclami bellicosi lanciati dalle pagine di Lacerba - dal bagno nel sangue nero, ai cadaveri usati come concio, alle baionette nelle schiene degli austriaci in fuga - a contribuire a portare l'Italia nel primo conflitto mondiale? In quel momento l'arte è andata al potere. La riflessione di Le Donne poteva in fondo partire da questa domanda: ma cosa è successo quando gli artisti sono diventati delle guide? È bastata la loro intelligenza a risolvere i problemi della società?
Le Donne invece pone l'arte al governo alla fine del libro, con quella che è la parte sicuramente più solida dell'opera. L'autore può qui far fruttare la sua profonda competenza artistica, parlando della situazione dell'artista nel sistema liberale e globalizzato e del sistema arte nella società contemporanea. Con fervore giovanilistico, egli sembra spesso riprendere lo slogan del Movimento degli anni Settanta "la fantasia al potere". Questa gli sembra molto più accettabile del grigiore della politica contemporanea. E così, sempre in questa seconda parte, egli riflette sulle piste che si possono seguire per dare potere all'arte, partendo dall'idea che essa è necessaria alla società. Ed ha ragione nel ricordare la tristezza delle periferie, degli ipermercati e della mancanza di bellezza nella vita. [...] (dall'Introduzione di Stefano Magni)

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