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Le origini del processo formulare dopo la scoperta della Formula di Mucio Scevola

Libreria Editrice L'Erma di Bretschneider

Roma, 2022; br., pp. 106, cm 23x21.
(Minima Epigraphica et Papyrologica. 26. estratto).

collana: Minima Epigraphica et Papyrologica. 00026. estratto

ISBN: 88-913-2674-7 - EAN13: 9788891326744

Soggetto: Saggi e Studi sull'antichità

Testo in: testo in  italiano  

Peso: 2.09 kg


È esaminato lo scavo della villa in località ‘Salone’ per riconoscere i committenti delle tre fasi principali di costruzione (150 circa - 40 a.C.). Si procede quindi all’analisi del memorandum sumptuarium dipinto su una parete e se ne accerta la cronologia al 16 gennaio del 40 a.C., che data anche gli affreschi con la formula di Mucio Scevola e l’ampliamento edilizio della villa. La data dipinta ante diem XVII Kalendas Februarias appartiene al Calendario Giuliano introdotto da Cesare nel 45 a.C. e l’anno 40 a.C. può determinarsi sulla base del ciclo nundinale del 41-40 a.C. grazie all’attestazione delle fonti storiche. L’identificazione del giurista Q. Mucius Scaeuola, cui appartenne la villa sul fiume Aniene, nelle fonti antiche ha determinato un dibattito critico in epoca moderna: fin dall’età umanistica si è posta l’alternativa fra l’Augure (†88 a.C.) e il Pontefice Massimo (†82 a.C.). Si procede pertanto alla valutazione delle testimonianze in Cicerone, Columella, Plinio il Vecchio e Ateneo e si esaminano i percorsi interpretativi dal XVI al XXI secolo per riconoscere l’Augure o il Pontefice Massimo. Così sono presi in considerazione Sebastiano Corradi (1552), Franciscus Fabricius (1554), Friedrich Marx (1894), Enrica Malcovati (1965) ed Ernst Badian (1967), e infine Jean-Louis Ferrary (1988, 2018) e Marc Mayer i Olivé (2021). Si giunge alla conclusione che l’Augure abitava una grande domus nel centro urbano di Roma, mentre il Pontefice Massimo aveva una piccola villa suburbana in campagna ed era famoso per averla costruita troppo piccola per la sua parsimonia catoniana e per la frugalità stoica nella mensa, che lo portava ad essere uno dei soli tre romani che rispettavano la lex Fannia sui limiti nel lusso a tavola. Queste informazioni coincidono con le caratteristiche edilizie della Villa del Giurista sull’Aniene e con quanto scritto sul memorandum sumptuarium rappresentato in un affresco: si conclude pertanto che la villa appartenne a Q. Mucio Scevola Pontifex Maximus. Si pone a questo punto il problema se il proprietario della villa nel 40 a.C. fosse il figlio primogenito o il figlio del figlio: il messaggio celebrativo della tradizione morale e giurisprudenziale dei Mucii Scaeuolae negli affreschi ne rivela comunque la Weltanschauung in età cesariana. Il messaggio rappresenta la frugalità catoniana coniugata alla hospitalitas della villa nella tradizione dei mores maiorum, ma inoltre attribuisce a un Mucio Scevola l’invenzione della categoria di formule con intentio certa in un tempo connotato da diversi elementi di arcaicità: la lingua e la grafia della ‘formula di Mucio Scevola’, la morfologia della tavoletta cerata per un edictum pretorio giurisdizionale, che evoca una realtà anteriore alla lex Cornelia de iurisdictione del 67 a.C., infine l’uso del genitivo dell’auctor (Formula Mucci Scaeulae) anziché il più moderno uso aggettivale (Formula Muciana), come dimostrato da M.P. Pavese. Il nuovo documento processuale, che non rappresenta una formula-iudicium né una determinata formula dell’Editto pretorio, ma evoca una intera categoria di formule edittali, la categoria con intentio certa, va posto in relazione alle leggi Silia, Aebutia e Calpurnia, purtroppo di cronologia controversa, e pone il problema dell’origine dell’agere per formulas. Una parte della dottrina moderna ha riconosciuto nella lex Aebutia l’origine dell’agere per concepta uerba, con la sostituzione della condictio formulare alla legis actio per condictionem. Invece tale ‘invenzione’ fondativa sembra essere attribuita nel dittico cerato a un Mucio Scevola; il che pone il problema se la rappresentazione pittorica, che riflette una convinzione diffusa nel 40 a.C., rifletta anche una realtà storica – quale che sia il personaggio da riconoscere fra i diversi che portarono quel nomen e quel cognomen - o non sia frutto di una tipica ‘manipolazione annalistica’ ,dato che sappiamo che P. Mucius Scaeuola, Pontifex Maximus (†115 a.C.) pubblicò per la prima volta gli Annali Massimi dei Pontefici, falsificandoli con l’introduzione di leggende che esaltavano i suoi antenati.

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