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Varlam Salamov. Storia di un colpevole d'innocenza

Scienze e Lettere

Roma, 2012; br., pp. 264, cm 14x22,5.

ISBN: 88-6687-017-X - EAN13: 9788866870173

Soggetto: Società e Tradizioni

Periodo: 1800-1960 (XIX-XX) Moderno

Testo in: testo in  italiano  

Peso: 0.68 kg


"Leggere Varlam alamov mi ha cambiato la vita". Parole di Roberto Saviano, che qualcuno può ritenere esagerato. Non io. Perché anche la mia vita è stata cambiata da quello zek-scrittore. Nel 1976 venne pubblicata da Savelli la prima raccolta parziale de I racconti di Kolyma. Lessi il libretto in due giorni: ero filocomunista quando lo iniziai, ero anticomunista quando lo terminai. Al di là della politica, contribuì a cambiare il mio sguardo sulla realtà, sull'uomo in rapporto alla Storia. Ogni pagina aveva provocato in me una ferita. alamov aveva spalancato le porte dell'inferno, aprendo in termini storico-politici uno scenario inedito per durezza e verità. Nasce da lì la mia predilezione per questo scrittore, artefice del vero ritratto morale del gulag: un ritratto che mandava in pezzi la mitologia politica di cui si era nutrita l'intellighenzia procomunista occidentale, che infatti lo ha duramente osteggiato. Ci sono dei libri che non parlano, gridano. Dalla loro lettura non si esce indenni. Come guide impeccabili, ti accompagnano nella terra dell'orrore estremo. E lì ti interrogano. Un libro di questo genere è I racconti di Kolyma. Vi è rappresentato non solo il lavoro schiavistico imposto dal totalitarismo comunista ma anche il male metafisico, la riduzione dell'uomo a cosa, a strumento al limite della follia e del silenzio. A Kolyma, nell'estremo nord-est siberiano, alamov è rimasto per diciassette anni, durante i quali ha conosciuto fatiche spossanti, fame, congelamenti. Liberato nel 1953 dopo la morte di Stalin, è stato sempre censurato e spiato. Perché voleva ricordare e raccontare: non farlo avrebbe significato tradire, anzitutto se stesso. Una vita terribile, la sua. Ho voluto scriverla perché è stata la vita derubata di un innocente. In tale senso il libro è una sorta di risarcimento etico-politico. Ma non è solo questo. E' pure il tentativo di collocare la sua vicenda personale dentro la storia del comunismo sovietico, dentro le follie dell'epoca. Con questa (esile) speranza: far percepire Kolyma (due milioni di morti) accanto ad Auschwitz (un milione e mezzo di morti), far pensare insieme queste due tragedie del Novecento, per porre fine all'ingiustizia di una memoria selettiva a fronte di vittime egualmente innocenti (Nota dell'Autore).

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