Il Clan di Cocktail
Il Saggio Editore
Eboli, 2022; br., pp. 112, cm 15x21.
ISBN: 88-9360-355-1
- EAN13: 9788893603553
Soggetto: Teatro
Testo in:
Peso: 0 kg
«Il Clan di Cocktail è un'opera unica nel suo genere perché supera tempi e mode restando sempre attuale. È un'opera sulla rassegnazione e la sconfitta della civiltà a causa di uomini ormai fagocitati e inghiottiti da una società cannibale e ingiusta. Una società figlia del commercio e della voglia di apparire che ottenebra le coscienze. C'è tanto post '68, finto positivismo e sete di apparire; tutto è pubblicità, tutto è slogan nella società degli uomini perché nell'ombra di ogni essere vivente si nasconde sempre "un prodotto da commercializzare". L'uomo è merce perché ha da tempo venduto il suo spirito, la sete di comunione, la voglia di stare insieme se non per appagare egoismi. Siamo, però, anche dalle parti di Orwell e del Grande Fratello che tutto sa e tutto guarda, la vita, infatti, è "una farsa che serve a soddisfare la solitudine" spiega Cocktail. C'è chi sogna di avere successo come Ingrid, chi pare indolente ad ogni manifestazione ultraterrena perché consapevole che il sacro può esistere solo se spettacolarizzato. "La scienza dovrebbe essere asservita alla fede", ricorda sempre Cocktail, ma "il Profeta" (c'è molto Gibran in quest'opera) agisce in un tempo in cui La Verità e La Giustezza incontrovertibili sembrano avere delle ipotesi. Potrebbe sembrare un paradosso ma questo è il mondo che si "manifesta" in quest'opera: uno specchio grigio e malinconico della realtà in cui tutto appariva ribaltato (all'epoca) mentre tutto sembra così contemporaneo (oggi). Le offese vengono dimenticate rapidamente e solo la violenza (verbale e fisica) pare scatenarsi con semplicità. Il Clan di Cocktail, scritto nel 1968, ha anticipato il nuovo millennio e persino quella gemma che è stata la serie televisiva Lost. Non è un caso se uno dei personaggi, pieno di domande e legato al danaro ricorda nel cognome il filosofo liberale Herbert Spencer fautore del darwinismo sociale; si perché nel Clan di Cocktail c'è una lotta per la sopravvivenza sociale e per la selezione naturale, una "terra di nessuno" in cui la sacralità è costretta a sparire per lasciar posto ad una vita ciclica e senza slancio. In scena ci sono uomini resi inermi che hanno smesso di Credere e Sperare nei "sentimenti". Ci troviamo a New York anche se il tempo e lo spazio sembrano sospesi. Il marmo, il giardino, i monumenti del "primo tempo" sembrano schegge di memoria così come i bassorilievi di Orfeo ed Euridice, monito per chi guarda (o legge) della loro storia d'amore e di quanto il veleno di una società ingiusta possa minare anche le unioni più felici.» (Luca Guardabascio).