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"Et fu fatta grande festa". Le nozze di Giampaolo Baglioni. Cronaca di una congiura le "nozze di sangue" di Astorre Baglioni

Tozzuolo

Perugia, 2017; br., pp. 76, cm 21x30.

ISBN: 88-95229-63-0 - EAN13: 9788895229638

Soggetto: Saggi Storici

Periodo: 1000-1400 (XII-XIV) Medioevo,1400-1800 (XV-XVIII) Rinascimento

Luoghi: Italia,Umbria e Marche

Testo in: testo in  italiano  

Peso: 0.38 kg


Il 28 giugno 1500, preceduta e seguita da un fastoso corteo, entrava in Perugia Lavinia, figlia di Giovanni Colonna e di Giustina Orsini, per andare sposa ad Astorre di Guido Baglioni, il quale per l'occasione destinò ben 60.000 fiorini per i festeggiamenti che dovevano protrarsi per 20 giorni, allietati da giostre, mense imbandite ed archi trionfali da allestire nei vari rioni della città.
Tali festeggiamenti destarono l'ammirazione non solo del popolo perugino, ma di tutti gli ambasciatori, signori e invitati provenienti da tutta Italia.
L'arco trionfale più bello fu considerato quello di Porta San Pietro e di Porta Bornia riuniti insieme, ma il più sontuoso fu quello di Porta Susanna, che era il rione abitato da molti nobili. L'unico rione che non partecipò ai festeggiamenti fu quello di Posta Sant'Angelo, perché ostile ai Baglioni.
Le imminenti nozze sembrarono l'occasione per la buona riuscita di una congiura, per la confusione che i festeggiamenti avrebbero generato e perché nella notte le vittime sarebbero state immerse nel sonno e nelle abbondati bevute della giornata.
La congiura, partita l'idea da Giulio Varano, signore di Camerino, in accordo con Carlo il Bargiglia, nipote di Malatesta, aveva raccolto un gruppo di avversari alla famiglia Baglioni: Gerolamo della Penna, aspirante alla signoria di Perugia, i fratelli Berardo, Pietro, Giacomo e Ottaviano della Cornia, Filippo, prozio di Carlo e figlio naturale di Braccio I, che a sua volta fece entrare nella congiura il nipote Grifonetto, insinuandogli il sospetto di una tresca amorosa tra sua moglie Zenobia Sforza e Giampaolo Baglioni.
La sera del 14 luglio, per mascherare le loro intenzioni, si recarono a prendere l'indulgenza plenaria nella Chiesa di San Luca, cenarono e salutarono tutti i parenti con saluti affettuosi.
Della famiglia Baglioni si salvarono anche Troilo, protonotaro che abitava alle Fonti di Veggio, Gentile, prete che stava a Bastia, e il vecchio Rodolfo che abitava a Santa Maria degli Angeli e che subito si rifugiò a Cannara.
Il 15 luglio, Carlo radunò i maggiorenti della città nella Sala della Mercanzia e dichiarò che l'operato dei congiurati era volto al bene della comunità, credendo di ottenerne l'appoggio e il consenso. Ciò non avvenne e neanche l'incontro coi Priori ebbe migliore esito. Anche il popolo si mostrò indifferente di fronte ai cadaveri delle vittime che erano stati lasciati esposti sulla strada.
Tale scena pietosa fu ripresa da Raffaello nel dipinto della "Deposizione" ordinatogli dalla stessa inconsolabile Atalanta.
Giampaolo vendicò con crudeltà l'eccidio dei suoi parenti, soprattutto sui veri o supposti nemici del Rione di Porta Sant'Angelo, che sicuramente aveva fornito il maggior numero di scherani al seguito dei congiurati. Furono bruciate diverse case di quel Rione e fu tentato anche l'incendio di San Lorenzo.
I Baglioni superstiti assunsero il governo della città, costituendo una nuova magistratura cui fu posto a capo Adriano il Morgante, figlio di Guido Baglioni.
Il governo di Adriano I Baglioni fu saggio, impedì i propositi di vendetta, permise il rientro in città e la restituzione dei beni a coloro che non avevano preso parte diretta all'eccidio, ma decretò anche i processi e le condanne esemplari per coloro che ne erano stati coinvolti.

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