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Pietro Reina. 1905-1954. Pittore Scenografo

Lubrina Editore

Bergamo, Galleria Ceribelli, 2 aprile - 14 maggio 2005.
A cura di Reina G.
Bergamo, 2005; br., pp. 280, ill. b/n e col., tavv., cm 24x30.
(Arte Moderna e Contemporanea).

collana: Arte Moderna e Contemporanea

ISBN: 88-7766-304-9 - EAN13: 9788877663047

Soggetto: Pittura e Disegno - Monografie,Saggi (Arte o Architettura),Teatro

Periodo: 1800-1960 (XIX-XX) Moderno,1960- Contemporaneo

Luoghi: Italia

Extra: Scenografia & Teatro

Testo in: testo in  italiano  

Peso: 1.54 kg


Reina è un felicissimo Giano bifronte. O, per l'appunto, secondo la migliore tradizione rinascimentale, un vero umanista.
E dunque, a fianco dell'inflessibile professore, del teorico rigoroso, dello studioso degli spazi e delle luci, c'è l'artista che porta a compimento formale, a trasfigurazione fantastica, quello studio e quella ricerca teorica. E messi di fronte al ricchissimo materiale visivo che Reina ci ha lasciato, è proprio questo ciò che più immediatamente stupisce: la compresenza naturalmente armoniosa di geometria e sogno, di rigore e fantasia, perseguite secondo modalità stilistiche le più varie. Quasi che una perfetta conoscenza tecnica della materia, lungi dal raffreddare la componente emotiva, sia l'unica chiave di volta possibile per provocare il massimo scatenamento fantastico, il massimo sperimentalismo, che non sconfina però mai in un eclettismo di maniera. (da "ANIMA ED ESATTEZZA" di Franco Marcoaldi) Severo ed esigente con se stesso. Educato alla rigorosa scuola di Cattaneo, Reina ha sempre aborrito dagli improvvisatori, dagli istrioni, e dagli pseudo-geni. Certo, dagli anni rivoluzionari del Futurismo, le cose erano cambiate. Oltre le belle prospettive, al di là del retorico realismo, ora un semplice proiettore elettrico, annunciando la morte della tavolozza e la costruzione scenoplastica dei fondali, sapeva rivelare atmosfere molto più magiche di qualsiasi particolare architettonico e di qualunque viale alberato. Ma, ad una giusta condanna di un polveroso passato, non si doveva esaltare qualsiasi sperimentalismo. Le juste milieu , la giusta metà, è la parola d'ordine di Reina scenografo e artista. Un cristallino metodo d'insegnamento aveva generato in lui un cristallino modo di operare. Se dovere dell'allievo è quello di prepararsi a rappresentare razionalmente in teoria e pratica (seguendo contemporaneamente i tre sistemi di proiezione), la grandezza e la posizione dei corpi dello spazio e i mutevoli, ma immancabili effetti dovuti all'azione della luce: l'ombra, il chiaroscuro, il riflesso, la rifrazione; allo stesso modo lo scenografo doveva misurarsi ogni volta con le effettive possibilità dello spazio, "decorandolo" funzionalmente in comunione con i temi e le esigenze dello spettacolo, di volta in volta, per quel palcoscenico, quel teatro, quel regista, quei protagonisti, quell'autore. Era la giusta applicazione, anche, dei principi teorici della proiezione centrale alle rappresentazioni grafiche su superfici di qualsiasi natura geometrica disposte nello spazio (scenografia, decorazione delle volte, prospettiva razionale); il metodo che sapeva evitare, ad un tempo, l'empirismo di una pratica troppo facilona e l'aridità di una teoria astrattamente intesa. L'ideale spesso realizzato di un'analisi rigorosa della realtà, e, contemporaneamente, dell'attenta considerazione delle apparenze, nel controllo coscienzioso del vero. (da "I COLORI DELLAPROSPETTIVA. Pietro Reina scenografo e pittore" di Paolo Repetto)

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