L'Eredità di Michelangelo e la "Pietà" Ritrovata di Andrea Bregno
Gardelli Giuliana
Erreciemme Edizioni
Roma, 2006; br., pp. 218, 30 ill. b/n, 60 ill. col., cm 17x24.
ISBN: 88-900704-6-3 - EAN13: 9788890070464
Soggetto: Opere d'Arte,Pittura e Disegno - Monografie,Saggi (Arte o Architettura),Scultura,Scultura e Arti Decorative - Monografie
Periodo: 1400-1800 (XV-XVIII) Rinascimento
Testo in:
Peso: 0.56 kg
La studiosa, specialista del settore, dopo un lungo e circostanziato studio contrappuntato da analisi sulla materia, specifico e delicato restauro della Pietà (documentazione in volume) in terracotta policroma, attribuisce l'opera ad Andrea Bregno, scultore lombardo fondamentale per la revange artistica romana del secondo Quattrocento, fra Sisto IV e Giulio II. Periodo in cui viene stabilito quel contatto decisivo per il futuro della scultura rinascimentale italiana: l'incontro con Michelangelo. Gli studi della Gardelli offrono un affresco straordinario che inserisce la genesi della "Pietà" giovanile di Michelangelo, ora in Vaticano, in un vasto respiro europeo e nel contempo apre uno squarcio del tutto inedito sulla vita del Buonarroti, basandosi su inoppugnabili documenti d'archivio pressoché sconosciuti. Da questi appare un Michelangelo inedito, rispettoso verso il vecchio scultore Andrea Bregno, grande collezionista di importantissime opere antiche, che gli aveva offerto il modello in terracotta della Pietà vaticana, modello che egli custodì per tutta la vita, e che costituisce la grande scoperta di questo studio. Emerge inoltre un Michelangelo generosissimo verso i suoi fidi collaboratori, fra i quali entra nella storia dell'arte per la prima volta la figura assai interessante di Antonio Basoja, detto Taruga, attraverso le cui vicende si fa luce sul cammino di opere come la Pietà Bandini e quella Rondinini, ora al Castello Sforzesco di Milano. Il libro si tinge di giallo, là dove, attraverso i documenti di una lunga vertenza giudiziaria, si scopre che Michelangelo aveva fatto in bronzo il suo autoritratto e l'aveva donato proprio al Taruga.
La documentazione rintracciata dalla Gardelli è precisa e per lo più inedita: il 21 agosto 1561 Michelangelo, alla presenza di testimoni, dona ad Antonio Basoja quattro opere in terracotta, fra cui la nostra Pietà o, come era elencato nella lista delle opere in possesso del Taruga, "Modello della Madonna della Febre", attribuita appunto dalla studiosa al Bregno e confrontata in particolare con la successiva Pietà di Michelangelo in San Pietro. L'autrice nello specifico sottolinea che "ovviamente nei riguardi della terracotta del Bregno intendiamo parlare di modello ispiratore, non di copia; infatti se la mancanza dell'angelo nella statua marmorea è dovuta alla richiesta del committente, molti sono i signa bregneschi che il giovane scultore (Michelangelo) ereditò dal vecchio maestro", con il quale verrà "in contatto", non diretto, anche successivamente, ed in particolare nel Duomo di Siena, nel cantiere dell'Altare Piccolomini.
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