Cézanne e la sua eredità nel Novecento
Il Sole 24 Ore Libri
Milano, 2007; br., pp. 350, ill. b/n e col., cm 23x28.
(I grandi maestri dell'arte. L'artista e il suo tempo. 18).
collana: I grandi maestri dell'arte. L'artista e il suo tempo
Soggetto: Pittura e Disegno - Monografie
Periodo: 1800-1960 (XIX-XX) Moderno
Testo in:
Peso: 1 kg
Torrida estate provenzale del 1906, caldo opprimente, che indeboisce il cervello. Ogni pomeriggio una vettura va prendere il vecchio Cézanne per portarlo a piantare il suo cavalletto sulle rive del fiuma Are o lungo il viottolo che conduce a Montbriant. Il maestro scrive al devoto Emile Bernard parole accorate - "l'avrei voluta vicino a me, perché la solitudine pesa sempre un poco" -, e riferisce di disturbi cerebrali e di "un'agitazione così grande", dovuta, chissà, "al caldo terribile". E sufficiente il primo annuncio d'autunno per consentire lo slancio di fede: "proseguo sempre i miei studi sulla natura, e mi sembra di fare lenti progressi". Alle spalle sono decenni di difficoltà, incomprensioni, esclusioni scandite con logorante regolarità: il pubblico si irritava per quei suoi paesaggi brulli, scorticati, per le nature morte così fruste, per le sconcertanti figure, tozze e severe, private della pur minima avvenenza. Il corso negativo si era volto tra il '95 e il '98, grazie alle proposte del mercante Vollard. Ma soltanto dai primi anni del secolo Cézanne, ormai sessantacinquenne, si vede riconoscere dall'ufficialità l'agognata ammissione agli appuntamenti del calendario artistico parigino: così accade al Salon d'Automne del 1904, dove si discute animatamente delle trentatré tele da lui presentate, e in occasione del Salon des Indépendants del 1905, quando il critico del "Mercure de France", Charles Morice, osserva che l'intera manifestazione non altro appare che un unico sorprendente "hommage à Cézanne". I brevi anni del risarcimento volano via. Il 15 ottobre del 1906, sorpreso dalla furia di un temporale mentre dipinge sur le mot il ned' amata campagna, il pittore si ammala, morendo dopo otto giorni. A pochi mesi dalla sua scomparsa, il Salon riconosce al maestro di Aix il ruolo di protagonista della pittura cortemporanea, in serrato anticipo rispetto alle due grandiose manifestazioni commemorative del 1907: in giugno la proposta decli acquarelli, presso la Galerie Bernheim-Jeune, quindi al Grand Palais con l'ampia retrospettiva, presto replicata a Berlino. Inaspettatamente non si discute che di Cézanne, da New York a Parigi, da Mosca a Firenze. Lo stesso Maurice Denis, che tanto avrebbe contribuito alla fortuna novecentesca dell'amato maestro, non può che stringersi nelle spalle: "C'è qualcosa di paradossale nella celebrità di Cézanne". Il maestro solitario e collerico, vecchio misantropo, asceta moderno, fobico e ipocondriaco, capace di entusiasmarsi per un colpo di luce come un bambino, ormai fa scuola. Il cézannisme diventa parola d'ordine, nelle molteplici, talora contrastanti accezioni che si rendono immediatamente disponibili, più o meno 'classiche1, più o meno 'rivoluzionarie', obsolete o snob, debitrici ora di mere soluzioni formali, ora di un metodo, talvolta della concezione stessa della pittura.