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Johann Carl Loth

Edizioni dei Soncino

A cura di Binda A.
Soncino, 2017; br. in cofanetto, pp. 480, 135 ill. b/n, 100 ill. col., cm 24,5x34,5.
(I Cardini).

collana: I Cardini

ISBN: 88-909643-0-8 - EAN13: 9788890964305

Soggetto: Pittura,Pittura e Disegno - Monografie,Saggi (Arte o Architettura)

Periodo: 1400-1800 (XV-XVIII) Rinascimento

Luoghi: Veneto,Venezia

Extra: Barocco & Rococò

Testo in: testo in  italiano  

Peso: 3.97 kg


In quel 1691 Loth era impegnato per Firenze in un'opera di grande formato: la Morte di san Giuseppe per la cappella Feroni alla Santissima Annunziata, per la quale le fonti antiche indicavano (ma senza supporto documentario) la commissione diretta del Medici. Opera di confine, con l'aggrovigliarsi dei corpi, arrotondati dalla luce caldissima che li svela, è vicina all'Adorazione dei Magi di Graz e alla Madonna del Rosario già a Tegernsee e assomiglia solo nell'invenzione e non nel farsi quasi decorativo delle figure all'altro Pio transito, quello per la cappella Civran in San Giovanni Crisostomo (1685 circa). A seguire, anche idealmente a pochi passi da questa stanno due delle tele di sicura committenza medicea: lo Scorticamento di Marsia e Adamo piange Abele morto, entrambe nelle collezioni degli Uffizi, dove la riproposizione del Galata morto, già utilizzato da Loth, ma topico pure per i 'tenebrosi', viene impiegato nel gran nudo riverso di entrambe, probabilmente in omaggio al pezzo romano delle collezioni medicee, se non addirittura su diretta sollecitazione di Ferdinando. Ciò che colpisce in entrambe è il farsi sempre più mobile della pennellata che crea una vibrazione luministica non più per masse compatte ma per umbratili passaggi umorali che quasi disfano la compattezza marmorea dei nudi ridonando loro una carnosità prepotente e drammatica ma non più in senso spietatamente naturalistico bensì come indagine quasi introspettiva che ancora una volta pesca, quanto a origini, dalla ripresa dei grandi veneti del Cinquecento e in specie Tiziano al quale, pare di capire, Loth guarda più di quanto sia dato di sospettare in questo scorcio di decennio e che traduce con quel sentimento suo, da vecchio 'tenebroso' ma ora solo nel rimeditare i chiari e gli scuri e solo - come si è detto - con l'intenzione di mettere in rilievo il dato patetico se non addirittura retrospettivo della "fabula".Seguendo un intuizione di Haskell si puo supporre, d'altro canto, che la consonanza con Loth dipendesse dall'acuta sensibilità [del Gran Principe]per la qualità effettiva della pittura per quella belle matière che avrebbe presto attratto l'attenzione dei conoscitori d'arte settecenteschi, più che la pedissequa condiscendenza alle richieste di Ferdinando,abituato a definire precisamente il programma e i modi con i quali l'artista avrebbe dovuto dipingere la scena. Non pare accettabile quindi, l'altra affermazione di Haskell secondo cui il Gran Principe aveva trovato in Loth "un artista che sapeva rispondere alla perfezione al tipo di pressione ch'egli amava esercitare".

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