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Van Gogh e il viaggio di Gauguin

Linea d'Ombra Libri

Genova, Palazzo Ducale, 12 novembre 2011 - 15 aprile 2012.
A cura di Zancanella S.
Treviso, 2011; ril., pp. 250, 100 ill. col., cm 23x27.
(Cataloghi di Mostre).

collana: Cataloghi di Mostre

ISBN: 88-366-2135-X - EAN13: 9788836621354

Soggetto: Arti Grafiche (Disegno, Incisione, Miniatura),Collezioni,Pittura,Saggi (Arte o Architettura)

Periodo: 1800-1960 (XIX-XX) Moderno,1960- Contemporaneo

Luoghi: Europa

Extra: Impressionismo/Espressionismo

Testo in: testo in  italiano  

Peso: 1.722 kg


L'idea di questa mostra, ideata e curata da Marco Goldin e composta da 100 capolavori della pittura europea e americana del XIX e del XX secolo, nasce dal riconoscere la centralità della figura di Vincent van Gogh nell'arte dei due secoli considerati. Attorno a questo fuoco che continua a bruciare, si è venuta sviluppando quella straordinaria avventura del viaggio che è il senso vero e profondo dell'esposizione.
Il viaggio da un luogo verso un altro luogo - dunque gli spazi percorsi evocati nel sottotitolo - e il viaggio dentro se stessi, per un percorso non meno esteso e talvolta anche più impegnativo. Il viaggio nella sua connotazione fisica e geografica, fin anche all'esplorazione, e il viaggio di caratterizzazione spirituale, interiore. Van Gogh li esprime benissimo entrambi, unendoli così nella sua opera. Ed è per questo che addirittura quaranta suoi dipinti fondamentali, oltre metà dei quali prestati dal Van Gogh Museum di Amsterdam e dal Kröller-Müller Museum di Otterlo, saranno il cuore e il nucleo della grande esposizione genovese, nel passaggio dal buio degli interni olandesi alla lucentezza quasi insopportabile del sole del Sud, con l'evocazione che la mostra farà delle scarpe di Van Gogh utilizzate per questo suo viaggio figurato e vero insieme. Intorno al fulcro rappresentato da Van Gogh, due ulteriori sezioni. L'una dedicata alla pittura americana e l'altra alla pittura europea, con le distinte caratteristiche e con un numero di artisti molto selezionato, perché la mostra vuole dire l'intensità e l'esempio, non evocare schiere di pittori. La mostra vuole concentrarsi su alcuni tipi di viaggio, non desidera essere una tavola sinottica. Vuole comunicare esperienze, emozioni, nuove conoscenze legate all'idea che un viaggio sia il luogo figurato o fisico di tutta una vita.
Come fa la pittura americana del XIX secolo, pittura che è anche vera e propria esplorazione di territori sconosciuti, enunciazione di uno spazio che si identifica con una nazione nuova. Due pittori soltanto a rappresentare questo anelito, questo pathos, questa forza primordiale che autorizza il viaggio verso l'ignoto di un luogo che si desidera incontrare e quasi abbracciare: Edwin Church, il pittore dell'Est, della valle del Hudson, delle cascate del Niagara, e Albert Bierstadt, il pittore dell'Ovest, della scoperta di Yellowstone e di Yosemite. Il brivido davanti alla luna sorgente sopra i picchi scheggiati del bianco notturno.
E con un salto di qualche anno, il viaggio sulle rive dell'Oceano Atlantico, e precisamente a Prout's Neck lungo la costa del Maine, di Winslow Homer. Quella stessa costa che uno straordinario pittore come Andrew Wyeth racconterà per tutta la seconda metà del XX secolo raccogliendo la tradizione figurativa oltre che di Homer anche di Hopper, colui che ha saputo isolare il senso del viaggio nella provincia americana all'interno di una muta sillaba, di un impressionante silenzio. Da certe anse di buio e notte di Hopper, la mostra ripartirà per indicare le superfici quasi monocrome di Mark Rothko, per uno dei viaggi nell'interiorità più straordinari che la storia della pittura ricordi. Viaggio che sente le profondità del territorio e delle acque e tutto trasforma in lividi accenni d'onda. Quelle mareggiate che Richard Diebenkorn rovescia nei suoi fulminanti Ocean Parks guardando da una finestra alta sul Pacifico il trafficato scorrere dei fili dell'elettricità. Ma prima di raggiungere Diebenkorn, la mostra renderà visita a tre artisti maggiori di quella incantata e indimenticabile metà del XX secolo sempre in America. Così verrà esplorato il viaggio interiore e l'articolata luminosità di Arshile Gorky, l'epica monumentalità degli spazi attraversati da Clyfford Still, e la capacità della pittura di resistere alle zero della luce, del colore e della memoria di Barnett Newman. Quello stesso senso dell'infinito venne coltivato, per esempio, da Friedrich e Turner centocinquanta anni prima, nel cuore del Romanticismo in Europa.
E proprio da questi due grabdi artisti che prende avvio la sezione dedicata alla pittura europea partirà dal viaggio della mente davanti all'infinito di Caspar David Friedrich, che si affaccia sulle rive dell'immenso e lascia che siano i suoi personaggi a contemplare. Mentre William Turner si confonde nel gorgo di un viaggio che sposa la potenza degli elementi e se ne lascia avvolgere.
Il viaggio di Paul Gauguin sarà agli antipodi, a scoprire un colore nuovo: il viaggio è il vedere distante, è l'essere altrove. Mentre il viaggio di Monet è nel recinto protetto del giardino di Giverny, nella fioritura delle ninfee come ghirlande. E il viaggio di Cézanne è il percorso quotidiano, testardo e umilissimo dallo studio alla montagna Sainte-Victoire vista in faccia. Quella montagna che nella sua ferialità diventa l'immenso, il tramite verso l'assoluto e l'eterno della pittura.
Poi ancora il viaggio mentale di Paul Klee e Wassily Kandinsky, quel viaggio che ha a che fare quotidianamente con la visione accidentata, talvolta persino malata, che si costruisce nella forma che genera sogni e incanti, tremori e memorie. Viaggio che è cosa prettamente legata alla cultura europea della prima metà del XX secolo. E che a metà del secolo, in una sorta di epico, e anche tragico, parallelo con Rothko, vede sulla scena il percorso straziato di Nicolas de Staël, dai muri calcinati di Agrigento agli strapiombi di Antibes, alti sul cielo violato dai gabbiani. Fino al viaggio che Giorgio Morandi compie, francescanamente, dalla finestra della sua casa appenninica a Grizzana. Il paesaggio scabro, tutto lisciato dal vento del tempo, che diventa spostamento unicamente della pupilla, in una visione che non è di panorama ma di condivisione di un amore verso quei minimi movimenti che fanno di questo viaggio morandiano un parallelo del Cézanne davanti alla sua Sainte-Victoire.
Ma nel mezzo, monumentale e tragico, accidentato e splendente, Van Gogh continua a giganteggiare, con i suoi campi di grano sorvolati dai corvi o con le fioriture gentili nei parchi. Van Gogh che è il cuore e l'anima di questa mostra straordinaria, che ne allinea tanti e motivati capolavori.

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design e realizzazione: Vincent Wolterbeek / analisi e programmazione: Rocco Barisci