Una Bibbia due testamenti
Edizioni San Paolo
Cinisello Balsamo, 2010; br., pp. 80, cm 13x20,5.
(La tua Parola mi fa Vivere. 106).
collana: La tua Parola mi fa Vivere
ISBN: 88-215-6860-1
- EAN13: 9788821568602
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Se Gesù di Nazaret è il punto di riferimento assoluto dell'interpretazione delle Scritture, che cosa diventa la testimonianza della Bibbia ebraica su Dio? Qualcosa di "vecchio" sostituito dal "nuovo"? Oppure qualcosa di imperfetto? Una propedeutica a Cristo? Un indizio di questo disagio è nella terminologia utilizzata dai cristiani: si parla ancora di Vecchio Testamento oppure di Antico Testamento, e solo negli ultimi decenni sono incominciate ad affiorare nuove proposte, come quella di Primo Testamento o Bibbia ebraica. Se la testimonianza della Bibbia ebraica su Dio svela la sua vera essenza solo nel Nuovo Testamento e se può essere "correttamente interpretata" soltanto alla luce del nuovo patto, l'AT ha ancora un suo valore intrinseco? Oppure ha un valore meramente funzionale? Quanto si legge, ad esempio, nella DV 15, e cioè che "l'economia dell'AT era ordinata soprattutto a preparare, ad annunciare profeticamente e a significare attraverso varie figure la venuta del Cristo redentore dell'universo e del suo regno messianico", significa che soltanto i cristiani possono accedere alla ricchezza del Primo Testamento? Soltanto essi possono intenderlo?