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Armani backstage

Motta 24 ore Cultura

Milano, Teatro Armani, 4 marzo - 4 aprile 2002.
Milano, 2002; br., pp. 96, 105 ill. b/n, cm 24x34.

ISBN: 88-7179-343-9 - EAN13: 9788871793436

Soggetto: Collezioni,Fotografia,Tessuti (Arazzi, Tappeti, Ricami)

Periodo: 1960- Contemporaneo

Testo in: testo in  italiano  

Peso: 1.095 kg


Ci sono sfilate brillanti come musical. Sofisticate come pièce teatrali. Rumorose come un circo e a volte altrettanto colorate. E ci sono le sfilate di Giorgio Armani: sempre il momento culminante della settimana della moda, a Milano. Sempre una miscela di ospiti, personaggi, spettatori che è unica e confidenziale, come quando si condividono gli stessi sentimenti. Sempre quell'impressione di assistere a un fatto straordinario. Quasi che il corpo delle bellissime modelle, dei bellissimi modelli, celandosi, continuasse a farsi sentire, a esporsi, e i vestiti seguissero quei corpi, simili ad acqua mossa dalla figura che ci si muove dentro.E pensare che qualcuno, a volte, scambia questa padronanza, questa confidenza reciproca tra corpo e vestito per eccesso di freddezza. Mentre è la forma più moderna della sensualità che si esprime per sottigliezze, per allusioni, con una carica erotica che non si riconosce in stratagemmi ovvi e volgari, ma in quella sottile ambiguità di cui Armani ha intuito il potere.Con sottigliezza, con audacia nel mescolare il ruolo di stoffe e colori, trasforma la realtà in moda, e la moda in gusto, comportamento, stile. Anche sogno: parola che lo insospettisce se allude soltanto all'irreale, all'impossibile, perché "la moda non deve soltanto far sognare, ma far vivere, che è qualcosa di profondamente diverso". Così contraddice abiti da sera ricchissimi con infantili scarpe piatte, oppure scombina i capi con pezzi diversi e sdrammatizza tessuti sontuosi con linee semplicissime. Operazioni ardite, che non impediscono certo a uno show di Armani di rimanere un sogno di eleganza e di perfezione, che prende forma nella settimana di prove precedente la fatale mezz'ora. Quell'esame che si rinnova ogni sei mesi e che Armani definisce "un momento di ansia totale", anche quando l'esperienza e il successo dovrebbero agire da calmanti. Ma nell'attesa della passerella si vive in apnea e il respiro liberatorio arriva soltanto alla fine, a coronamento di un lavoro solitario, concentrato, in cui possono affiorare dubbi ed esitazioni impossibili da verificare."La sfilata per me è un evento da prendere sul serio e che organizzo con molta cura", ha sempre detto Armani. "Non c'è niente di improvvisato perché voglio che il mio stile sia scritto con precisione e letto il più chiaramente possibile da chi assiste". Per arrivare a questo risultato, le prove si succedono a prove, gli assistenti scattano polaroid, portano abiti, sostituiscono scarpe, cercano borsette, attenti a ogni gesto dello stilista. Per giorni e giorni in cui non sono previsti estranei: la consulente, il giornalista che passa a salutare, l'amico dell'amico. La confusione. è talmente numeroso e affiatato lo staff che ogni altra presenza sembra stonata, invadente.Un fotografo, poi, forse sarebbe ingombrante. Qualsiasi fotografo, tranne Roger Hutchings, che alla moda guarda con l'occhio curioso di chi non è viziato dall'abitudine. E soprattutto, di chi sa notare senza essere troppo notato o fisicamente ingombrante, come si impara in guerra e come Hutchings ha imparato lavorando dal Sudan allo Sri Lanka, dall'India al Bangladesh e per cinque anni in quel paese devastato che una volta chiamavamo Jugoslavia.Lontanissimo dal mondo della moda, questo fotoreporter è entrato nel backstage di Armani con intelligenza e discrezione, pronto a documentare un evento speciale, un'occasione straordinaria: la prima sfilata nel nuovo teatro progettato da Tadao Ando, il maestro giapponese di un'architettura dalla geometrica purezza. Il progettista che del cemento armato fa un segno intellettuale, etico ed estetico: una materia viva che nelle sue opere, da umile e terrena, appare luminosa e persino spirituale. A questo architetto noto in tutto il mondo, Giorgio Armani ha affidato l'intervento più prestigioso sull'area ex Nestlé: il vasto spazio industriale dove sono stati trasferiti show-room, uffici commerciali e la sala per le sfilate. Progettare questa sala è un'impresa complessa e delicata che richiede sensibilità e un infallibile senso pratico, gusto della poetica e concretezza. è stato questo il terreno d'incontro tra Giorgio Armani e Tadao Ando: due personaggi che hanno in comune il culto dell'essenza e una visione delle cose che predilige la semplicità e l'uso insolito della materia, piegata alle proprie esigenze senza mai usarle violenza. E' questa relazione serena che Roger Hutchings ha colto nelle sue fotografie, ritraendo Giorgio Armani di fianco a Tadao Ando, fissando il dinamismo, l'energia, il favoloso splendore inscenato dal regista di questa rappresentazione.Anche da dietro la scena, basta tendere l'orecchio per accorgersene, sale l'eccitazione, la gioia per il successo ottenuto. Tra parrucchieri, truccatori, vestiariste, addetti alle luci, attrezzisti, componenti dell'ufficio stile, indossatrici, che non sono mai meno di una quarantina, oltre un centinaio di persone si muove nel backstage, dove sono arrivate almeno sei ore prime del défilé. Perché ogni ragazza deve essere plasmata secondo la lunghezza d'onda dello stilista per assecondare il linguaggio dei suoi abiti. Con un'uniformità di maquillage, di pettinature che sottolineano e danno intensità al messaggio.Mezz'ora per raccontare l'impegno di sei mesi, immerso in una specie di trance che è tensione e insieme concentrazione, notando qualsiasi dettaglio, qualsiasi incertezza, qualsiasi imperfezione e dimenticando tutto quando finisce, perché gli applausi sono un tonico formidabile. Armani conosce la gioia vitale di un lavoro ben fatto. Di un'immaginazione che è diventata realtà e di una realtà che ha aggiunto, fosse anche soltanto un soffio, una sfumatura, eleganza e bellezza alla nostra vita quotidiana.

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