La richiesta di pareri consultivi alla Corte di Strasburgo da parte delle più alte giurisdizioni nazionali
Giappichelli Editori
A cura di Lamarque E.
Torino, 2015; br., pp. XI-189, cm 17x24.
(Collana della Scuola di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Milano-Bicocca. 101).
collana: Collana della Scuola di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Milano-Bicocca
ISBN: 88-348-5828-X
- EAN13: 9788834858288
Luoghi: Europa
Testo in:
Peso: 0.7 kg
L'argomento di cui si discute in questo volume è alquanto problematico, poiché si tratta di una proposta avente ad oggetto un protocollo non ancora entrato in vigore, che è stato votato dal Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa ma non è stato ancora ratificato da nessuno Stato, e certamente non dall'Italia. Parliamo quindi di un futuro, di un futuro problematico. E dunque molto importante che gli studiosi riflettano su una normativa che di per sé non sembra basarsi su una logica chiarissima, immediatamente percepibile e condivisibile. La Corte europea dei diritti dell'uomo è giudice della Convenzione, creato dalla Convenzione, ma è anche un giudice con due particolari caratteristiche: interviene in ultima istanza e in via suppletiva, ovvero quando i rimedi interni non hanno funzionato o si suppone non abbiano funzionato; e interviene su singoli casi. Quindi la sua giurisprudenza casistica arriva in ultima battuta, una volta esauriti i rimedi interni. In base alla stessa Convenzione, infatti, gli Stati sono obbligati a prevedere la presenza di rimedi interni per far valere, prevenire e reprimere le violazioni della Convenzione. Se non vi sono rimedi interni, questo costituisce una mancanza dello Stato nell'attuare la Convenzione, e quindi una violazione della stessa. La Corte è chiamata a stabilire se vi è stata una violazione non riparata dai rimedi interni. Questo è il senso del suo operare: è un giudice ultimo dei casi concreti.