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La parola ai numeri e l'effetto Draghi. Le politiche economiche della XVII legislatura ed i nodi da sciogliere

Rubbettino Editore

Soveria Mannelli, 2018; br., pp. 306, ill. b/n, cm 14x21.
(Centro studi Economia Reale. 5).

collana: Centro studi Economia Reale

ISBN: 88-498-5378-5 - EAN13: 9788849853780

Testo in: testo in  italiano  

Peso: 0.72 kg


Questo quarto volume della collana "Centro studi economia reale" raccoglie le analisi e le previsioni presentate nei due workshop tenutisi in giugno e in novembre del 2017. La prima parte di analisi è dedicata ai "numeri" della XVII legislatura. Dal confronto dei dati ufficiali che i diversi governi hanno indicato nei documenti di economia e finanza risulta che le linee di politica economica non cambiamo sostanzialmente mai. Ma, se i governi cambiano e i "numeri" sono sempre gli stessi, allora chi scrive il Def? Si stima poi l'effetto "Draghi", mostrando che, senza la politica monetaria e valutaria della BCE, il tasso di crescita in Italia nel 2017 sarebbe stato al -0,3% invece che al +1,5%, avremmo avuto quasi 700 mila occupati in meno e la disoccupazione sarebbe rimasta al 14%. Il deficit pubblico sarebbe salito ad oltre 100 miliardi nel 2017 e al 2020 sarebbe esploso al 180% del PIL. Certamente, l'economia e la finanza pubblica italiane sarebbero state in qualche modo "commissariate" e costrette a drastiche manovre di riequilibrio finanziario che avrebbero ulteriormente aggravato la crisi reale e le condizioni occupazionali. Nella seconda parte del volume si presentano le previsioni sull'economia italiana per il periodo 2017-2020. Negli ultimi tre anni si sono disinnescate di anno in anno le previste clausole di salvaguardia per l'anno successivo aumentando il deficit pubblico (e questo è stato chiamato "flessibilità") e rinviando l'obiettivo di deficit zero. Si sono pertanto valutati gli effetti della Legge di bilancio 2018, tenendo però conto che restano in vigore le clausole di salvaguardia per il 2019 e 2020 per circa 30 miliardi di aumento di IVA e accise. In tal caso, la ripresa all'1,5% del 2017 sarebbe seguita da una crescita dell'1,3% nel 2018, ma poi si frenerebbe allo 0,7/0,6% nel biennio 2019/2020. Infine, si valutano i tempi di "uscita dalla crisi", cioè in quale anno il PIL e il tasso di disoccupazione potranno tornare ai livelli pre-crisi del 2007. Con questa timida ripresa, il PIL tornerebbe ai livelli pre-crisi nel 2024 e la disoccupazione attorno al 2028/2029. I nodi veri sono pertanto rinviati alla prossima XVIII legislatura e al prossimo governo, if any.

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