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Dal 1946 il Gallo Canta Ancora

De Ferrari Editore

Genova, 2018; br., pp. 168, cm 17x24.

ISBN: 88-6405-937-7 - EAN13: 9788864059372

Soggetto: Città,Saggi (Arte o Architettura),Società e Tradizioni

Luoghi: Liguria

Testo in: testo in  italiano  

Peso: 0.55 kg


Sovente citata nelle opere su Genova e sulla cultura ligure nel Novecento, nonché in alcune sintesi storiche sull'Italia repubblicana, la vicenda de "Il gallo" ha una fortuna piuttosto discontinua nella storiografia, conoscendo un significativo aumento dell'interesse degli studiosi negli anni più recenti. La rivista genovese, infatti, è stata indagata sia all'interno delle opere sulla cultura cattolica del secondo dopoguerra, e in particolare in quelle che hanno ricostruito il rilevante ruolo in essa svolto dalle riviste, sia in alcuni studi specifici, che si sono concentrati soprattutto sulle origini del periodico e sui suoi primi anni di attività, fino alla metà degli anni Sessanta.
Questa frastagliata, ma ormai non più scarna bibliografia, si arricchisce ora di una serie di contributi che troviamo raccolti in questo volume e che mirano, in particolare, a contestualizzare la vicenda de "Il gallo" in un'ottica di lungo periodo rispetto a due principali coordinate, ossia al rapporto della rivista con il contesto genovese e a quello, altrettanto complesso, con il più generale ambito della cultura cattolica italiana. Tali contributi rappresentano gli esiti di una ricerca che scaturisce in parte dalle relazioni che furono presentate in un convegno che si svolse nel febbraio 2013 a Palazzo Ducale di Genova, a cui si sono via via aggiunti altri studi, alcune testimonianze e un'importante Appendice documentaria. La difficoltà di ricostruire in modo dettagliato la vicenda personale di Fabro, infatti, rappresenta solo una delle problematicità che lo storico si trova ad affrontare nell'indagare la storia de "Il gallo", poiché la natura stessa della rivista pone alcuni interrogativi ineludibili. Si tratta, infatti, di un foglio che è rivista culturale, nata addirittura come giornale letterario, e allo stesso tempo è una voce di riflessione morale e religiosa, che stenta, tuttavia, ad essere pienamente inquadrata come una rivista cattolica di cultura religiosa. Valga per tutti il richiamo al rapporto con la gerarchia ecclesiastica, nello specifico contesto genovese rappresentata per anni da un arcivescovo quale fu il cardinale Giuseppe Siri, che fece della Chiesa gerarchica fondata sulla distinzione tra clero e laicato l'architrave della propria visione pastorale. Di fronte alla Curia genovese, il gruppo e il periodico si impegnarono nel difficile tentativo di mantenere aperto un continuo canale di dialogo, muovendosi sul filo sottile che distingue l'obbedienza critica dall'aperto dissenso. Fin dagli anni Cinquanta, e per alcuni versi addirittura dal periodo precedente, la rivista di galleria Mazzini si segnalò per una pionieristica attitudine di apertura nei confronti dell'ebraismo, rifiutando gli stilemi larvatamente antiebraici ancora prevalenti nel mondo cattolico italiano, e per il dialogo, costantemente sviluppato, con i cristiani delle altre confessioni, a cominciare dai valdesi, che costituiscono a Genova una presenza antica e radicata. Si tratta di un'attitudine che rappresenta, se non un vero e proprio unicum, certo un'eccezione assai spiccata nell'ambito del cattolicesimo italiano preconciliare, di cui è molto difficile rintracciare con certezza le scaturigini.

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