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Fruscio arbitrario

Genesi

Torino, 2015; br., pp. 84.
(Le Scommesse. 422).

collana: Le Scommesse

ISBN: 88-7414-480-6 - EAN13: 9788874144808

Testo in: testo in  italiano  

Peso: 0.4 kg


Tenendo in considerazione la consapevolezza di es­sere subito smentito non appena il lettore assimila con il proprio metro di giudizio, tento di sviscerare questo nuo­vo lavoro poetico di Lorenzo Piccirillo.
Forse siamo in troppi a usare questa "frase fatta", di conoscere bene l'autore, ... ma a questo proposito non ci sono, né ci possono essere, ombre di dubbio alcuno.
Piccirillo, o meglio l'autore di questo Fruscio arbitrario, come negli altri lavori poetici, si serve di un "Tu" pluralistico, estroverso e intimistico all'unisono del poetare, del già sentito dire, del si dice, del già detto.
Come in ogni poesia (almeno in questa) la placenta emozionale, di ogni parto poetico, si cimenta nel vissuto o nella certezza da vivere o di rivivere dell'attore, de­liberando e alternando figure consapevoli e inconsapevoli di proseliti al proprio modo di interpretare i soliloqui, che smuovono i sentimenti positivi o negativi nella vita letteraria del poeta.
Il verso, come nei lavori del Piccirillo fino a oggi si scarnifica, o è scarnificato dallo stesso, dei valori intonacanti, appropriandosi, anche se non molto di frequente di curve gotiche.
In questo ultimo lavoro, come io lo chiamo volgarmente, lo specchio allodolato, perdonatemi se faccio passare per corretta questa anomalia espressiva critica, è più accentuato.
Secondo punto di vista del tutto personale, non ci sono "cimici omeopatiche" che debbano sturare i timpani, di celebrità o di appartenenza a determinate correnti di pensiero, a una fede o un capostipite identificato, seppure si è portati a notarle, esse sono di natura inerziali, con croste massicce che coprono il verso di catartico.
Di quale avviso è stata la prima critica di Giorgio Bárberi Squarotti: "C'è in essa una ricerca di linguaggio e di situazioni acuta e vivace, soprattutto là dove è più libera", Bucaneve, Ed. E-etCì (1991).
Fino ai tempi notori di oggi, nel dare i primi barbagli di una nuova aurora, che così si esprime sull'attuale lavoro poetico dell'autore: "... Ho letto la tua raccolta di poesie con molta ammirazione e partecipazione. Sono versi d'amore molto originali perché affrontano l'esperienza amorosa da un punto di vista concettuale e meditativo: sono governati dalla ragione e dal pensiero, e al tempo stesso, rivelano una profonda verità del sentimento e dei sensi [...]" All'avviso di Enzo Cavaricci, poeta, in qualche mo­do forse padre putativo in campo poetico (oggi amico di lunga data) del Piccirillo, superflui sono i sospetti (1991), senza peli sulla lingua, obbiettava: "Il suo verso si concretizza "dettato" da una ispirazione che assume identità dialettica di carattere semantico incontrovertibile e originale [...] con margini apparentemente enigmatici... Poi focalizzati in risvolti universali". Critica non male, per una conoscenza molto "acerba". Stante alla bravura critica del Cavaricci, a lodare con questi aggettivi uno, probabile travet della letteratura, sconosciuto. Anche in questa raccolta non risparmia il Piccirillo, con la sua: "Definirei Piccirillo un talento non comune, un fenomeno poetico cavalcioni al nostro tempo, enigmatico quanto basta, privo di ipocrisie e voltafaccia, suggestivo nell'inciso peculiare."

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