Ardara la chiesa palatina di S. Maria del Regno
Poli Fernanda
Carlo Delfino Editore
Sassari, 2015; br., cm 14,5x21.
(Storia della Chiesa Sarda).
collana: Storia della Chiesa Sarda
ISBN: 88-7138-795-3 - EAN13: 9788871387956
Soggetto: Architettura e Arte Religiosa
Luoghi: Sardegna
Extra: Religione e Arte Religiosa
Testo in:
Peso: 0.22 kg
Il sito, dove preesisteva una piazzaforte romano-bizantina in abbandono, venne rioccupato verso il IX secolo dai giudici turritani quando l'antica sede di Turris Libisonis, troppo esposta alle scorrerie saracene, divenne indifendibile. Secondo il Condaghe di San Gavino la principessa Giorgia di Torres, sorella del giudice Comita, avrebbe edificato il castello, il palazzo regio e la chiesa di Santa Maria del Regno. Il primo documento storico redatto nella reggia di Ardara dal giudice Barisone (nipote di Giorgia) è datato 1065. Nei secoli successivi Ardara sarà ripetutamente ricordata come residenza principale dei sovrani logudoresi. Il suo declino inizierà alla morte dell'ultima giudicessa Adelasia intorno al 1259: la conquista aragonese a partire dal 1323 e la conseguente unificazione dei regni sardi toglierà al castello l'importanza strategica che aveva rivestito sino ad allora.
L'attuale chiesa venne edificata intorno alla metà del Mille come cappella di palazzo dei giudici turritani, poco al di fuori del circuito murario fortificato. La pianta ricalca quella di un precedente edificio altomedievale, di cui restano segni inequivocabili nei materiali di riuso.
Nella chiesa si conserva ancora in buona parte l'arredo liturgico stratificatosi nel tempo, nonostante alcune perdite. Importanti, per la rarità di questo tipo di testimonianze dipinte, sono i due brani di affresco, purtroppo molto deteriorati, conservati in controfacciata, sono opera del cosiddetto 'Maestro di Olzai', pittore attivo in Sardegna verso la fine del Quattrocento.
L'opera più importante, che illustra il culto principale praticato nella chiesa e cioè quello alla Vergine, titolare dell'edificio, è il 'Retablo Maggiore' o dei 'Misteri del Rosario', eseguito da maestranze iberiche, installate nell'isola, probabilmente eredi della bottega cagliaritana del 'Maestro di Castelsardo'.
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