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Corot. Natura, emozione, ricordo

Ferrara Arte

Madrid, Museo Thyssen - Bornemisza, 7 giugno - 11 settembre 2005.
Ferrara, Palazzo dei Diamanti, 9 ottobre 2005 - 8 gennaio 2006.
Traduzione di Archer M.
Ferrara, 2005; br., pp. 304, 102 ill. col., 77 tavv. col., cm 23,5x31.

ISBN: 88-89793-00-7 - EAN13: 9788889793008

Soggetto: Pittura e Disegno - Monografie,Saggi (Arte o Architettura)

Periodo: 1800-1960 (XIX-XX) Moderno

Luoghi: Europa

Extra: Impressionismo/Espressionismo

Testo in: testo in  italiano  

Peso: 1.99 kg


L'atteso appuntamento d'autunno al Palazzo dei Diamanti è riservato a uno dei massimi protagonisti della pittura francese, Jean-Baptiste Camille Corot (1796-1875). A trent'anni dall'ultima retrospettiva presentata in Italia, questa esposizione offre l'occasione di ammirare un'ampia e rigorosa selezione di capolavori provenienti dai più importanti musei del mondo.
La mostra, curata da Vincent Pomarède - Capo del Dipartimento dei Dipinti del Musée du Louvre - e organizzata dal Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid in collaborazione con Ferrara Arte, testimonia l'eccezionale statura del maestro francese, che aderì con originalità e autonomia alle principali correnti estetiche dell'Ottocento - dal neoclassicismo, al romanticismo, al realismo - fino ad essere considerato un precursore dell'impressionismo.
«A capo della moderna scuola di paesaggio sta Corot»: con queste parole Charles Baudelaire rende omaggio ad uno dei maggiori artefici del rinnovamento della pittura nell'Ottocento. Ammirato dai più lucidi e autorevoli intellettuali del suo tempo, punto di riferimento per generazioni di artisti, a Corot si deve una delle interpretazioni più squisitamente liriche della realtà naturale e della figura umana. I suoi paesaggi evocano mirabilmente l'incanto della natura, che egli amò e studiò appassionatamente fino ad impadronirsi dei suoi più intimi segreti. Gli stagni e i boschi velati da nebbie argentate, i rilievi rocciosi e gli alberi secolari scolpiti dalla luce, le vestigia monumentali dell'architettura romana e gotica sono colti magistralmente, nella loro flagrante immediatezza, nei bozzetti dipinti en plein air. Con la stessa maestria Corot li trasfigurò poeticamente nelle composizioni eseguite nel suo studio, guidato dalle emozioni e dal ricordo: «interpreto con il cuore tanto quanto con l'occhio» affermava il pittore compendiando il suo pensiero artistico.
Natura, emozione, ricordo sono appunto le coordinate tematiche di questa rassegna, che ripercorre le tappe salienti della ricerca artistica del grande maestro. L'originale taglio della mostra riflette la revisione critica che ha interessato la sua opera negli ultimi decenni e che ha riportato l'attenzione sulla straordinaria qualità dei suoi quadri d'atelier, accanto ai celebri bozzetti trascritti "sul motivo".
Educato alla scuola neoclassica di paesaggio, Corot studiò gli antichi maestri e ritrasse la natura, come testimonia la sezione introduttiva dedicata alle matrici della sua vasta cultura figurativa. Completò il percorso formativo con il consueto soggiorno in Italia: qui trascorse anni decisivi per la sua maturazione artistica - dal 1826 al '28 e poi ancora nel '34 e nel '43 - restando sempre sensibile al fascino della penisola, che celebrò per tutta la vita nelle sue opere. L'eccezionale sequenza di "bozzetti italiani" presentati nella seconda sezione rivela la modernità con cui Corot seppe guardare alla natura, rinnovando l'approccio alla pittura dal vero, con la freschezza della sua tavolozza, la resa dei fugaci effetti luminosi, l'economia dei mezzi espressivi. I soggetti monumentali consacrati dal vedutismo - Veduta del Foro dai Giardini Farnese, Il ponte e Castel Sant'Angelo, Napoli, Castel dell'Ovo - figurano accanto a punti di vista meno convenzionali, come la Veduta dalla finestra dell'artista. I magnifici paesaggi dipinti nella campagna romana, da Olevano, la Serpentara al Paesaggio nei pressi di Marino, mostrano il pittore cimentarsi con una natura ricca di contrasti.

Lo studio dei grandi maestri del paesaggio, da Nicolas Poussin a Jacob van Ruysdael, e l'interesse per la moderna pittura inglese, condussero Corot ad esiti di squisito realismo nei paesaggi dipinti en plein air nei territori di Francia. Il percorso espositivo prosegue con un itinerario ideale attraverso i luoghi prediletti dall'artista: la foresta di Fontainebleau, dove dipingeva accanto ai paesaggisti della scuola di Barbizon e dove poi guiderà i primi passi dei giovani impressionisti, e poi Orléans, il Morvan, La Rochelle. Il trattamento realistico della luce, la solida costruzione plastica e la semplicità della composizione rispecchiano l'intenzione di trascrivere la realtà come si presenta allo sguardo dell'osservatore, priva di abbellimenti e riferimenti letterari. L'esito più maturo del naturalismo corottiano è La torre campanaria di Douai, che conclude la sezione dedicata al realismo: questa tela ammiratissima precorre, nell'impianto compositivo, nella cromia chiara e nella pennellata fluida, opere realizzate, di lì a poco, da Monet, Sisley e altri impressionisti.
Gli studi dal vero costituivano un repertorio di memoria visiva di cui Corot poteva disporre quando si accingeva a concepire nel suo studio le composizioni per i Salon, le prestigiose esposizioni ufficiali. Una sezione della mostra ricostruisce la splendida galleria di paesaggi che consacrarono la fama dell'artista. In queste tele la scelta di temi tradizionalmente prescritti per la pittura di "paesaggio storico" - dal Pastorello al Bagno di Diana - cede il passo, a partire dagli anni Cinquanta, ad un'iconografia congeniale al mondo poetico di Corot, il "paesaggio lirico". L'incanto esercitato dalla natura, sedimentato nella memoria e rielaborato nella fantasia, ispira allora le sublimi evocazioni della Danza delle ninfe e La stella del pastore, ove si alternano stati d'animo gioiosi e malinconici.
Uno degli spunti più interessanti offerti dalla mostra è la sezione dedicata alla casa di famiglia di Ville d'Avray: i paesaggi dipinti nei dintorni rivelano, nella limpida armonia degli impasti cromatici freddi, una rara sintesi di realismo e lirismo. Al felice naturalismo del giovanile Ingresso di un bosco, fanno seguito i capolavori della maturità - Lo stagno e le ville, Lo stagno con l'albero piegato, Ricordo di Ville d'Avray - ove regna un perfetto equilibrio tra una natura solitaria e incontaminata e la presenza "sentimentale" della figura umana.
L'interesse per la figura, che abita costantemente i paesaggi di Corot, è all'origine di una produzione pittorica autonoma parallela al paesaggio. Il percorso espositivo, attraverso un inedito repertorio di ritratti, nudi e personaggi in costume, mette in luce quelle eccezionali doti di pittore di figura che destarono l'ammirazione di Picasso. Ai bellissimi ritratti intensamente espressivi, come quello della madre dell'artista, seguono straordinari nudi, fra i quali spicca la Baccante col tamburello, miracoloso connubio di sensuale fusione con la natura e di equilibrio classico. La sezione culmina con una delle più originali e toccanti invenzioni corottiane, le cosiddette "figure di fantasia": modelli femminili in costume, colti in atteggiamenti assorti e contemplativi. Ne sono preziosi documenti Gitana con mandolino e Lo studio di Corot, eredi della raffinata atmosfera degli interni di Vermeer.
Chiude la rassegna una sezione dedicata al tema del "ricordo", che segna il vertice dello stile pittorico di Corot. Quintessenza della poetica dell'artista, il quadro di ricordo dà forma alle emozioni lasciate nella memoria dalle molte sessioni di lavoro all'aria aperta: pur richiamando nel titolo il nome di una località, non descrive la realtà topografica di un luogo specifico, ne esprime piuttosto l'atmosfera. Allo squisito realismo del Ricordo di Marcoussis, dall'intensa luce meridiana, seguono evocazioni sempre più vibranti e rarefatte, avvolte nelle celebri nebbie argentee, mirabilmente esemplificate da alcuni tra i massimi capolavori dell'artista: Ricordo di Mortefontaine e La solitudine, ricordo di Le Vigen.
Il mondo poetico inventato da Corot sollecita l'immaginazione e le emozioni dell'osservatore in modo analogo alla musica: questo tratto di grande modernità indusse Wassily Kandinsky a definire i suoi dipinti «stati d'animo travestiti da forme naturali».

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