L'apolide e il paria. Lo straniero nella filosofia di Hannah Arendt
Edizioni Carocci
Roma, 2002; br., pp. 200, cm 15,5x22,5.
(Biblioteca di Testi e Studi. 182).
collana: Biblioteca di Testi e Studi
ISBN: 88-430-2182-6
- EAN13: 9788843021826
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Peso: 0.248 kg
A lungo considerata come una teoria della polis, la filosofia di Hannah Arendt può essere letta anche come un'indagine sulla polis e l'altro, lo straniero. Se Aristotele definisce l'essere umano come "animale della polis", Arendt si interroga sull'assunto implicito in questa definizione: chi vive fuori della città può essere solo una bestia o un dio, e se assume sembianze umane mostra, in realtà, il volto estraneo del barbaro. Ma che cos'è la polis, se non lo spazio in cui si decide dell'inclusione e dell'esclusione' E chi sono i barbari, se non coloro che la città esclude' Alla vicenda dei senza-patria Arendt dedica alcune pagine centrali delle Origini del totalitarismo, ancora sorprendentemente attuali. Tuttavia il pensiero arendtiano non si risolve in semplice apologia dell'inclusione dell'altro: la riflessione sul paria cosciente, che rifiuta l'assimilazione, pone infatti il problema della libertà degli inclusi e dei rischi connessi all'ansia di inclusione. Ne emerge un'immagine mossa della filosofia di Hannah Arendt e del suo confronto, mai univoco, con Aristotele, Kant, Marx e Heidegger. Come evitare di precipitare in situazioni di ferrea inclusione o di pesante esclusione' È pensabile una polis fondata sull'esperienza dell'alterità' In un'epoca che ha conosciuto consenso e apatia di fronte alla pratica del massacro organizzato, Arendt assegna a una nuova filosofia politica il compito di ripensare il "modo di vita del cittadino" come "modo di vita dello straniero".