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La gamba perduta. Iconografia e culto di S. Sebastiano a Ferrara, a Bondeno e nel territorio ferrarese

Liberty House

Ferrara, 2008; br., pp. 92, 56 tavv. b/n, cm 17x24.
(Nuovo perimetro italiano. Storia, arte, letteratura. Collana diretta da Daniele Biancardi e Giovanni Negri).

collana: Nuovo perimetro italiano. Storia, arte, letteratura

Soggetto: Saggi (Arte o Architettura)

Periodo: Tutti i Periodo

Luoghi: Emilia Romagna

Testo in: testo in  italiano  

Peso: 0.3 kg


Un approfondimento sul culto di San Sebastiano nel Ferrarese si rendeva necessario. L'angolazione di Lucio Scardino, reduce dalla collaborazione con una precedente mostra allestita nei primi mesi di quest'anno al Museo Parmeggiani di Renazzo a cura di Maria Censi, permette di aggiungere elementi nuovi a quelli agiografici e figurativi in possesso degli studiosi locali. Il saggio che precede il ricco apparato iconografico del volume, è denso e ben documentato. Non mero censimento delle raffigurazioni di San Sebastiano nel ferrarese, bensì indagine puntuale sulla penetrazione culturale dei simboli che il "santo trafitto" da sempre incarna, sulla sensualità che la sua figura promana, sull'uso che il cinema, il teatro e la cultura visiva hanno voluto farne, spesso ricorrendo a marcate strumentalizzazioni. Non sfugge infatti a Lucio Scardino che l'evolversi dell'iconografia acuisce nel XV secolo il senso della pietas che la raffigurazione di San Sebastiano ingenera in chi vi si accosta. Se per tutto il Medioevo le caratteristiche fisiche sono quelle di un uomo vecchio e canuto, dal Quattrocento in avanti San Sebastiano assumerà l'aspetto di un giovane dai tratti delicati.
Le varianti introdotte dal XV secolo, nonché la fortunata ricezione fino al XVIII secolo dell'autorevole Legenda aurea di Jacopo da Varagine, hanno consentito l'adozione del soggetto anche da parte di artisti più recenti. Solo per citarne uno, negli anni Trenta-Quaranta Filippo de Pisis tornò più volte in pittura al rapimento mistico del santo martire, vittima nel III secolo della furia persecutoria di Diocleziano. Scardino ripropone a pagina 81 una ripresa fotografica dove il pittore è ritratto nel momento in cui a sua volta ritrae con olii e pennello un giovane modello in perizoma legato ad un albero, con postura e attributi molto somiglianti a quelle della tradizione iconografica, se si eccettua la brillantina ben spalmata sui capelli. In epoca ancor più recente, lo stesso San Sebastiano è stato "recuperato" dalle frange cólte del movimento gay per tematizzare le pene derivanti dalla discriminazione che colpisce gli omosessuali. Né va dimenticato che proprio il Perugino nel 1487 fu condannato dal Consiglio dei Dieci di Firenze per aver conferito al San Sebastiano oggi all'Ermitage, l'espressione di un'estasi fin troppo sensuale, prestando il fianco ai deliri dei moralizzatori savonaroliani del suo tempo. Attento agli orientamenti discriminatori della società, Lucio Scardino dà prova in questo libro di saper coniugare il suo sapere con lo studio dei differenti simboli dell'agiografia ufficiale, interpretandoli in relazione all'evolversi dell'iconografia e al mutamento del costume.

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