Corallium rubrum. Il corallo mediterraneo dal neolitico ad oggi.
Edizioni ETS s.r.l.
Pisa, 2019; br., pp. 91, ill. b/n e col., tavv. b/n e col., cm 16x21.
ISBN: 88-467-5483-2
- EAN13: 9788846754837
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Viene qui presentata la lunga storia del Corallium rubrum tipico del Mediterraneo: il sistema della pesca, la lavorazione e il commercio dalla più remota antichità ad oggi. Notizie sul corallo rosso e sulla sua pesca si hanno tra gli altri da Plinio il vecchio nel suo Naturalis Historia. Per le sue sembianze arborescenti il corallo fu assegnato al mondo vegetale e tale convinzione perdurò per secoli fino al 1700 quando la sua appartenenza al mondo animale fu riconosciuta dallo speziale Diacinto Cestoni, come è testimoniato da una lettera dallo stesso inviata da Livorno il 3 settembre 1717 al Vallisneri. Nel 1727 Peyssonel, medico della marina francese inviato sulle coste algerine per studiarne l'ambiente, arrivò alle medesime conclusioni; infine, a metà del 1800 Lacaze Duthiers, valente scienziato francese, definì i caratteri biologici e il ciclo evolutivo del corallo rosso mediterraneo. I primi ritrovamenti in Italia di coralli lavorati risalgono al neolitico antico (datati col metodo del C14 a 6487 ± 175 da oggi) si tratta di pendaglietti usati come talismani o filze di tondi usati a scopi religiosi. Le repubbliche marinare e in particolare Pisa, ma anche Amalfi, Venezia e Genova, si dedicarono alla pesca e lavorazione del corallo rosso. Attraverso Venezia, la via della seta e il delta del Nilo veniva raggiunto, via terra, l'Estremo Oriente, e a nord la Cina settentrionale, dove a Kaifeng si era stabilita fin dall'anno 1000 a.C. una comunità ebraica. Si illustra anche il passaggio di Livorno da piccolo borgo di pescatori a grande città, nella quale ebbe un ruolo importante la manifattura del corallo legata alla presenza della comunità ebraica che inviò il corallo non soltanto nei più importanti porti mediterranei, ma anche a Londra e in Asia.