One day we must meet. Le sfide dell'arte e dell'architettura italiane in America (1933-1941)
Johan & Levi
Milano, 2019; br., pp. 325, ill.
(Saggi d'Arte. 31).
collana: Saggi d'Arte
ISBN: 88-6010-095-X
- EAN13: 9788860100955
Testo in:
Peso: 1 kg
Ottobre 1937. A suggello di un fruttuoso colloquio alla Casa Bianca, il presidente Roosevelt rivolge a Vittorio Mussolini l'auspicio di incontrare presto suo padre Benito. «One day we must meet»: sono parole incoraggianti per chi, come il figlio del duce, è inebriato dallo scintillante american way of life ed è lì a rappresentare lo spirito più giovanile e modernista del fascismo. Il "grande paese" è in quegli anni sempre più spesso interlocutore privilegiato, al centro delle fitte trame della cosiddetta "diplomazia parallela". L'arte e l'architettura moderne sono impiegate dal governo fascista come ambasciatrici culturali, in modo pervasivo e tenace, per confezionare miti in grado di sedurre le masse e accattivarsi le simpatie dell'opinione pubblica. Una prassi, questa, che genera occasioni e spazi concreti: da un lato gli imponenti padiglioni nazionali, come quello dell'iconica esposizione internazionale di Chicago del 1933, dall'altro le grandiose mostre dei contemporanei - Casorati, Sironi, Levi, Carrà e de Chirico, tra gli altri - accanto ai celebrati old masters, le cui opere intraprendono avventurose traversate transatlantiche grazie anche all'intraprendenza di personaggi come Dario Sabatello, Mimì Pecci Blunt e Giulio Carlo Argan. Con una felice insistenza sulla ricostruzione dei luoghi e del vivace clima culturale dell'epoca e attingendo a centinaia di documenti d'archivio inediti, Sergio Cortesini ripercorre la parabola dell'arte moderna italiana in America tra il 1933 e il 1941. Dai successi iniziali si assiste così al progressivo deteriorarsi delle relazioni politiche fino al loro definitivo e tragico tramonto, segnato dall'ingresso in guerra dell'Italia. È la fine di tutte le illusioni di grandezza: i padiglioni vengono demoliti e le opere d'arte rinchiuse nei depositi. Per coloro che hanno creduto sinceramente in un italianismo declinabile nelle forme dell'estetica moderna e in una rinnovata potenza comunicativa dell'arte nazionale, la frase di Roosevelt è rimasta una profezia lost in translation.