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Tra fila di spezie

Vertigo

Roma, 2024; br., pp. 54, cm 14x21.
(Approdi).

collana: Approdi

EAN13: 9791255371588

Testo in: testo in  italiano  

Peso: 0 kg


«La poesia di Silvio Straneo è un inno al dettaglio. D'altra parte, come diceva Aby Warburg, Dio è nel dettaglio. Non si troverà in questo libro un testo che non sia passato al microscopio. Le spezie nominate nel titolo altro non sono che le "fila" di questi dettagli. Ma la spezia è un modo di stare al mondo. Un'avventura fra le piante che chiede a tutti i costi una remissione. I nomi delle spezie formano come un'antologia del superfluo. Ma la poesia stessa non è, per così dire, un abbandono della necessità? Certo, si dice sempre il contrario: la poesia deve obbedire a una necessità. In realtà, però, le cose non stanno così. Se vogliamo essere realisti, facciamo continuamente a meno della poesia. La poesia ha sempre ragione, è meravigliosa, fin dai tempi della scuola, come, ipocritamente, ci viene ripetuto. Ma il mondo reale parla un linguaggio diverso, sempre. Talché, ben venga l'eroismo delle spezie. Esse si ritagliano uno spazio di verità, finalmente il superfluo trova un motivo per esserci, si mette comodo fra le pieghe dell'esistenza, e, proprio per questo, trova una forza maggiore. [...]» (dall'introduzione di Luca Archibugi). «I fili rossi lungo i quali intrecciare parole e farle diventare suono possono essere ravvisati tra le maglie di versi altrui, nei gesti minimi, nel puro piacere di intessere trame di sillabe concatenate ma, in questo caso, per Silvio Straneo, nascono da un'epifania. La casualità di un incontro che si rivela determinante lo porta a imparare o riscoprire sapori arcani e, attraverso il gusto, lo conduce a una riflessione sull'essenza più intima, etimologica quasi, della spezia. In un oriente immaginario, in cui il sud è ancora culla di ogni sapienza e sede di ogni mito, foglie, radici, fiori, cortecce e frutti diventano veicoli di acquisizione di una conoscenza che risana. Questo sanno fare le spezie, tra l'altro, intervenire sulle zoppìe passeggere dei corpi, sui piccoli malanni quotidiani e alleviare senza la virulenza chimica di altri analgesici. Medesimo valore terapeutico, lieve eppure profondo, Straneo sembra affidare al verso ma con quell'aria sempre un po' smagata, vagamente sorniona e ironica di chi vuol far credere che tutto fluisca da lui con la naturalezza di una risata. Nessuna verità, infatti, viene imposta al lettore in questa preziosa silloge tripartita che si pone piuttosto come una mano tesa per intraprendere un cammino alla fine del quale, forse, ogni spezia, dopo essere passata per la parola, solleverà da un male breve. [...]». (Emanuela E. Abbadessa)

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