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Achille Farina. Mito della ceramica (1804-1879)

Edit Faenza

Faenza, 2022; br., pp. 208, ill. col., cm 21x26.

ISBN: 88-8152-274-8 - EAN13: 9788881522743

Soggetto: Arti Decorative (Ceramica, Porcellana, Maiolica)

Periodo: 1800-1960 (XIX-XX) Moderno

Testo in: testo in  italiano  

Peso: 1 kg


“È bello di tanto in tanto lasciarsi andare ai ricordi e rituffarsi nel proprio passato alla ricerca di momenti e sensazioni che tanta importanza hanno avuto nella nostra vita. Forse per questo, gli anni della gioventù, trascorsi in un’importante fabbrica di maioliche d’arte, sono sempre rimasti nella mia mente, con le immagini di un mondo amato, ricordato spesso con un pizzico di nostalgia. Non posso dimenticare i giorni vissuti in quel vecchio edificio, già convento, poi caserma, che dopo l’ultimo conflitto mondiale era stato adattato a fabbrica di maioliche artistiche. In quegli angusti, spesso inadeguati ambienti, abili mani creavano come per magia boccali, piatti e vasellame vario. Accanto alla ruota a piede del torniante, presso il tavolo del pittore, assieme al fornaciaio, con lo sguardo ansioso rivolto alla bocca della fornace, aspettando che il fuoco completasse la sua opera, ho vissuto attimi irreali, stupendi ed irripetibili e questo contagio magico è ancora vivo in me...”. Siamo a Faenza ai primi anni Sessanta nella fabbrica di Maioliche d’Arte C.A.C.F., sorta sulle ceneri dell’Antica Fabbrica Farina. Il ricordo di questa mia significativa esperienza, e delle sensazioni da essa stimolate, era l’inizio della premessa al volume “Ceramiche Ottocentesche Faentine”, edito nel 1992 dal Gruppo Editoriale Faenza Editrice a cura del sottoscritto, con la presentazione di Gian Carlo Bojani, direttore del MIC di Faenza. A trent’anni da quei giorni, quella premessa è per me ancora attuale, poiché quelle straordinarie sensazioni, allora percepite, non mi hanno mai abbandonato e mi stanno ancora accompagnando nella realizzazione di questo volume. In quegli ambienti ho avuto la possibilità di conoscere gli ultimi pittori della Antica Fabbrica Farina: l’ornatista di raffaellesche Vittorio Merendi (1906-1966), il ritrattista e paesaggista Luigi Fantoni (1907-1987), il ritrattista Fausto Dal Pozzo (1910-1997), l’ornatista di raffaellesche Ilaro Fabbri (1910-1989), e il più giovane, il ritrattista e paesaggista Ferruccio Savini (1928-2012). Questi pittori, che ho frequentato in tanti anni nell’ambito della fabbrica, mi hanno confidato i ricordi della loro gioventù, del periodo prebellico e di quello successivo al conflitto, rendendomi in pratica testimone delle ansie, fatiche e difficoltà incontrate durante il loro percorso lavorativo. Fondamentali sono stati i ricordi dei pittori di fine Ottocento che hanno conosciuto e che sono stati loro maestri nell’arte di dipingere i bordi con le raffaellesche e le grottesche, i centri con i paesaggi, le scene mitologiche e pastorali desunte da antiche tavole e infine il genere artistico più difficile, la ritrattistica. In questo caso Achille Farina era considerato “il mito del ritratto”, e definito da Giuseppe Liverani, direttore del MIC, “il leone della maiolica faentina del secondo Ottocento”. Il pittore della C.A.C.F. che ho maggiormente frequentato era Luigi Fantoni, con lui ho condiviso molta parte del suo tempo, esaltandomi nel raccogliere appunti e apprendere del suo trascorso ceramico, vissuto in un mondo a me completamente sconosciuto. Come tanti ragazzini di quell’epoca Fantoni aveva iniziato all’età di sette anni come garzone nello studio di pittura di Achille Calzi: questo era il classico trampolino di lancio per imparare un mestiere. Nell’ambito della ceramica la prassi iniziale era lavare i pennelli, forare la carta per gli spolveri, tritare il carboncino, setacciare i colori, pulire il banco del pittore e altro. Fantoni con i suoi racconti affascinanti mi ha introdotto nel mondo lavorativo del passato, fatto di sacrifici e privazione quotidiane. Come si dice abitualmente bisognava accontentarsi perché il convento non passava altro. Infine il tempo benevolo gli ha concesso anche tante soddisfazioni perché ha imparato bene un mestiere tanto da divenire col tempo un bravo pittore, un vero Maestro. Ho inserito in questa introduzione un breve passo pubblicato sul “Thesaurus” nel capitolo dell’Ottocento della storica dell’arte Carmen Ravanelli Guidotti, per lungo tempo Conservatore del MIC, che descrive con perspicace efficacia l’espressività dei volti dipinti da Achille Farina, con l’applicazione della “tecnica ad impasto”, da lui perfezionata, ed in seguito adottata da diversi pittori faentini. (...Tale genere seppe imporsi come una vera e propria specializzazione locale, particolarmente vocata alla ritrattistica, e sviluppò un linguaggio autonomo che divenne anch’esso tipica espressione del gusto di fine secolo; i volti vi riescono tanto intensi da conferire una severa monumentalità al personaggio, da un’impostazione figurativa romantica passando ad un’esecuzione che tocca piuttosto il verismo pittorico, qualche volta persino analitico, con interessi fisionomici partecipati talvolta da ragioni affettive, di tale perfezione esecutiva che è frutto di una instancabile, paziente, tessitura cromatica e pittorica, di minuti incroci di pennellate, a punta fine e spesso a mezza tinta; tutti esiti non facilmente realizzabili in ceramica...)1. Achille Farina, figura imponente, austera, quasi biblica, fu artista carismatico per tutti i giovani pittori e per gli amanti dell’arte. Anche la ritrattistica del Farina, densa di drammaticità espressiva, aveva contribuito, assieme alla novità delle forme e degli stili, a riportare l’arte faentina ai successi del passato. Alla sua scomparsa, l’11 gennaio del 1879, gli amici, per rendere omaggio alla sua memoria, fecero porre, nel 1894, su una parete all’ingresso della chiesa di San Girolamo (Cimitero Monumentale di Faenza) un grande medaglione su cornice con il suo ritratto, opera dipinta dal pittore Tomaso Dal Pozzo, con la seguente epigrafe: “Achille Farina pittore 16 febbraio 1804 - 11 gennaio 1879 solitario ridonò alla Patria l’arte e il vanto delle maioliche, vivo non conobbe la gloria, morto ebbe questo marmo tarda riparazione e giustizia che amici e discepoli posero alla sua memoria”. In questo volume il racconto di diversi eventi dell’epoca è stato tratto dalla già citata pubblicazione del 1992. Ho cercato di documentarmi presso archivi pubblici e privati, biblioteche di musei e pinacoteche e ho naturalmente inserito notizie e informazioni inedite che ho rintracciato in tempi più recenti. Chiedo venia per manchevolezze eventualmente riscontrabili e imputabili a mie incomplete conoscenze, ma il tutto in buona fede. Ringrazio di cuore tutti quelli che mi hanno aiutato nel mio impegno di offrire una presentazione il più possibile esaustiva dell’artista Achille Farina e delle sue opere. Stefano Dirani

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