Cervello alto e cervello basso. Perché pensiamo ciò che pensiamo
Bollati Boringhieri
Traduzione di Olivero G. M.
Torino, 2015; br., pp. 213, cm 14,5x22,5.
(Saggi. Psicologia).
collana: Saggi. Psicologia
ISBN: 88-339-2576-5
- EAN13: 9788833925769
Testo in:
Peso: 0.308 kg
Sono così tanti i libri su questo tema che i due autori, consapevoli della cosa, si chiedono fin dalla prima pagina: «Perché un ennesimo libro sul cervello?». E con buon senso dell'umorismo si rispondono da soli, baldanzosi: «Perché questo è diverso». Se Stephen Kosslyn fosse una persona qualunque non ci sarebbe da fidarsi molto, ma dal momento che secondo Steven Pinker «Kosslyn è uno dei più grandi scienziati cognitivi a cavallo tra i nostri due secoli» vale invece la pena di capire meglio. Il fatto è che molti libri sul cervello ripropongono troppo spesso acriticamente miti del passato, dandoli per scontati e ignorando che nei laboratori più avanzati da molto tempo il vento è cambiato. Uno di questi miti, forse il più ripetuto e tenace, sostiene che il cervello è diviso in «emisfero destro» e «emisfero sinistro», e che le due metà fanno cose differenti: la parte sinistra è analitica e logica, la parte destra è artistica e intuitiva. Pensiamo di saperlo tutti, lo diamo per scontato, ma non è vero. Si tratta in effetti di una semplificazione grossolana, e se per caso avete appena fatto un test per capire quale delle due metà di voi sia la più sviluppata sappiate che avete solo sprecato del tempo. Ecco allora che Stephen Kosslyn, aiutato da Wayne Miller, ci propone invece un cervello «alto» e un cervello «basso». Sembra una provocazione, e in parte lo è. Il cervello in realtà non si lascia dividere tanto facilmente, ma è vero che contiene aree che fanno cose diverse, il cui sviluppo relativo determina molto di ciò che pensiamo e sentiamo. È questa la «teoria delle modalità cognitive», che viene qui divulgata per la prima volta, in maniera estremamente comprensibile, dopo decenni di ricerche. A seconda di quali parti del cervello siano più o meno attive in ciascuno di noi, il libro propone quattro modalità principali di pensiero: la «modalità dinamica», la «modalità percettiva», la «modalità stimolativa» e la «modalità adattiva». Ci sono forti evidenze empiriche che le cose stiano a grandi linee così. A quale delle quattro modalità apparteniamo? Il penultimo capitolo del libro offre un test per scoprirlo, e questa volta non è uno spreco di tempo, è un modo per conoscere meglio se stessi sulla base di conoscenze scientifiche solide e verificabili.