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La parola, il sogno, la memoria. El laberinto (1956) di Fernando Arrabal

Edizioni ETS

Pisa, 2005; br., pp. 124, ill. b/n, cm 17x24.
(Biblioteca di Studi Ispanici. 10).

collana: Biblioteca di Studi Ispanici

ISBN: 88-467-1262-5 - EAN13: 9788846712622

Periodo: 1800-1960 (XIX-XX) Moderno

Testo in: testo in  italiano  

Peso: 0.4 kg


C'è un'anima nera nella storia dell'umanità, che nel XX secolo si è manifestata anche attraverso il totalitarismo e l'oppressione, e che il primo teatro di Arrabal presenta nei suoi aspetti più terrificanti. Il labirinto è a tutti gli effetti un universo concentrazionario, in cui vige l'oppressione ma soprattutto l'impossibilità di dare un volto all'oppressore e l'inutilità del cercarlo. Il totalitarismo è il volto oscuro dell'uomo del '900, possibile, anzi necessario, proprio perché prodotto dalla sua coscienza nera, sporca come le coperte che formano il labirinto.
Nel Laberinto Arrabal affonda nelle radici stesse del totalitarismo, svelandone i meccanismi più occulti e, forse, ancora più atroci delle torture, dei processi arbitrari e delle esecuzioni sommarie. Lo fa mostrando come queste manifestazioni concrete del terrore siano realmente solo la superficie di un sistema di segni che fa leva sulle strutture profonde dell'animo umano, nel tentativo di vanificare ogni azione individuale nel mondo.
Ciò con cui però il sistema non fa i conti, e che invece la drammaturgia arrabaliana già dalle prime fasi continua incessantemente a stimolare, è la presa di coscienza, l'acquisizione di una consapevolezza che non è né accettazione né passiva rassegnazione, bensì assunzione indiscriminata della responsabilità individuale poiché, rifiutando di entrare nel labirinto della propria coscienza, l'individuo non accederebbe nemmeno alla possibilità di pronunciarsi sul mondo.
La parola, il sogno e la memoria, stimolati dal passaggio attraverso il labirinto, sfuggono alla sua logica: questa esperienza potenzia lo statuto del linguaggio, poiché il labirinto, operando una forzatura estrema del legame tra significante e significato ne manifesta tutta l'arbitrarietà. La coscienza labirintica non si ostina a cercare il senso del labirinto, ma opera un'epoché, lo mette tra parentesi, perché solo così può liberare il linguaggio, creare attraverso la parola, il sogno e la memoria un linguaggio che non sia definitivo, che non sia totalizzante.

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