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Li Wei

Damiani

A cura di Battiston E.
Testo Italiano, Inglese e Cinese.
Bologna, 2006; br., pp. 112, ill., cm 24x28.
(Forward).

collana: Forward

ISBN: 88-89431-28-8 - EAN13: 9788889431283

Soggetto: Fotografia,Scultura e Arti Decorative - Monografie

Periodo: 1960- Contemporaneo

Luoghi: Nessun Luogo

Testo in: testi in  altro, inglese, italiano  testi in  altro, inglese, italiano  testi in  altro, inglese, italiano  

Peso: 0.66 kg


Il lavoro e l'esperienza artistica di Li Wei si caratterizzano per una specificità ed una particolarità uniche. Sicuramente si tratta di uno dei pochi artisti cinesi residenti a Pechino e noti maggiormente all'estero che in patria. Il suo è un linguaggio universale che affronta tematiche di attualità politica e sociale attraverso una simbologia codificabile da chiunque e in qualunque parte del mondo.
Le performance che l'hanno consacrato sono quelle della serie "Falls" in cui Li Wei si impianta a terra come un missile. Il suo messaggio indica la volontà dell'uomo moderno di nascondere la propria testa come uno struzzo per non vedere i problemi che lo circondano. Il cambiamento economico vorticoso della Cina e la globalizzazione in cui siamo costantemente immersi stanno indirizzando l'umanità a conflitti internazionali di grande entità che sembrano però collegarsi e ridursi a beceri conflitti e interessi personali.
L'umanità teme il pericolo costante di un probabile attentato, proprio come quelli esplosi negli ultimi anni in America e in Europa. Quindi la testa sotto terra dà l'illusione del bunker, del trovarsi in un posto sicuro come un bambino nel ventre materno. La terra è infatti madre per eccellenza, da cui nasce e in cui si esaurisce la vita.
Se poi vogliamo andare oltre e compiere un passo ulteriore nell'interpretazione metaforica di queste immagini, si può intravedere anche una valenza sessuale. Il suo conficcarsi nella terra diventa sublimazione di un rito ancestrale, della fecondazione, in cui lui è simbolo fallico vivente e strumento di quella inseminazione economica e sociale cinese che sta, ai nostri occhi, invadendo sempre di più il resto del mondo.
Il nascondersi è inoltre rivelatore di un atteggiamento tipicamente cinese in cui il perdere la faccia è una delle preoccupazioni e degli aspetti prioritari dei loro rapporti interpersonali. Nulla viene espresso mai direttamente, il senso di ogni cosa è sempre traverso, alluso, accennato, ma mai indicato esplicitamente. Dinamiche di onore e rispetto regolano ogni relazione e infrangerle è un'incredibile affronto verso gli altri e contro se stessi.
A questo si collega l'utilizzo che l'artista fa degli specchi, oggetti obliqui per eccellenza, in cui le immagini non sono mai dirette ma sempre riflesse. Li Wei si serve spesso, nei suoi lavori, di uno specchio forato al centro, in cui inserisce la testa creando sovrapposizioni e fusioni illusorie di immagini. Lo specchio è uno strumento fondamentale nella cultura cinese ed è tradizionalmente carico di simbologie. In Occidente è visto prevalentemente come un oggetto falso e ingannevole, mentre in Cina è ammonitore e indicatore di verità. Un'antica leggenda narra come l'imperatore Tang, Li Shiming, abbia detto al suo fidato funzionario: "Wei Zhen, tu sei il mio riflesso, posso guardare a te come se mi guardassi in uno specchio e non compiere così gli stessi errori". Anche un proverbio cinese dice infatti "prendere la storia come specchio" perchè spesso la vita e la storia consistono in una ripetizione continua delle stesse dinamiche e degli stessi errori. Il rischio però consiste nel confondere realtà e illusione, proprio come nei giochi con gli specchi di questo artista in cui c'è in parte il vero, la sua testa che emerge dalla superficie dello specchio, e in parte il falso, le immagini riflesse che lo circondano ingannevoli e fittizie.
Li Wei è in grado di creare pertanto molteplici spunti e riflessioni su esperienze individuali come su problematiche sociali, ma la sua volontà attuale è che l'umanità si fermi a pensare. Tra i suoi ultimi lavori vi sono infatti quelli della performance intitolata A Pause for Humanity in cui l'artista si trova con la moglie e la figlia neonata su un alto palazzo in costruzione. Secondo lui il nucleo sociale più piccolo, nonchè la cellula madre, è la famiglia ed è da questa che bisogna partire. Lui è salito con le persone più care su un edificio altissimo e pericoloso perchè ormai siamo giunti a uno sfacelo e a un degrado tanto elevati che è indispensabile, per non cadere, fermarsi e capire dove vogliamo arrivare.
Innovazioni, sviluppo e crescita economica fanno volare in alto l'uomo regalandogli un'illusione di superomismo e onnipotenza, ma in questo volo veloce e disordinato non si conosce l'arrivo e non si possiede un paracadute.

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design e realizzazione: Vincent Wolterbeek / analisi e programmazione: Rocco Barisci