Vestiti per immagini. L'abito femminile da società tra Ottocento e Novecento e la sua immagine pittorica e fotografica
Campisano Editore
V settimana per la cultura, 5 maggio - 11 maggio 2003.
Roma, Sala degli Arazzi del Complesso Monumentale del San Michele, 7 maggio - 28 maggio 2003.
A cura di Borghini G. e Piantoni G.
Roma, 2003; br., pp. 280, 145 ill. b/n, 92 ill. col., cm 21x27.
ISBN: 88-88168-11-7 - EAN13: 9788888168111
Soggetto: Design,Fotografia,Pittura,Saggi (Arte o Architettura),Tessuti (Arazzi, Tappeti, Ricami)
Periodo: 1800-1960 (XIX-XX) Moderno
Luoghi: Italia,Nessun Luogo
Testo in:
Peso: 1.28 kg
Spesso eccentrica, incomprensibile, un rito devoto e sacrale, restituito da splendidi passaggi di Balzac, Gabriele D'Annunzio, Robert de Montesquiou, Italo Svevo che nella 'Coscienza di Zeno' descrive l'abbigliamento della moglie del protagonista, scandito da molteplici cambi d'abito, determinati dalle ore della giornata, dalle occasioni d'uso "I vestiti, il verde, il nero, quello da passeggio che andava in armadio quando si arrivava a casa e quello da sera che in nessun caso si sarebbe potuto indossare di girono". Più critico, caustico l'autore dell''Innocente' che descrive, nelle sue 'gazette' mondane, una seducente nobildonna romana. "Era avvolta in una di quelle lunghissime sciarpe di garza orientale che il tintore alchimista Mariano Fortuny immerge nelle conce", mentre sulla 'Tribuna', il 2 febbraio 1885, con enfasi e grandeur il sommo vate descriveva l'arrivo della duchessa di Sermoneta. "Verso le undici un fulgore di deità illuminò e riscaldò l'aria all'improvvisoEntrava la serenissima duchessa magnificata da un abito worthiano di raso celestiale di velo, dello stesso colore, costellato d'argento con triplice collana di perle e diadema al collo". Mariano Fortuny e l'inglese Worth furono i signori assoluta della moda, a cavallo tra il XIX e il XX secolo, accanto al grande Poiret. Vestivano la regina Margherita, la contessa di Castiglione, amante di Napoleone III, donna Franca Florio, l'imperatrice Eugenia de Montijo. Classe, rigore erano il segno distintivo di questi grandi maestri che lanciarono mode e tendenze. Come Poiret o Fortuny che crearono vestiti destrutturati, liberamente ispirati alla cultura orientale e alla statuaria greca, ad un gusto particolarissimo per tutto ciò che era esotico, straniero, lontano Pepli, tuniche, plissè, volant, stoffe solennemente decorate, chiffon, mousseline leggere influenzati dai Ballets Russes di Serge de Dighilev, apparsi sulla scena parigina all'inizio del secolo, alle rivoluzioni cromatiche e cangianti dei costumi firmati da Léon Baskt.
Citava Charles Beaudelaire: "E' necessario che la donna stupisca e incanti. Deve dorarsi per essere adorata" . E forse aveva ragione. Un esempio? Le foto che accompagnano il prezioso volume edito da Campisano. Pose languide, enfatiche, abiti riccamente decorati con perle, strass, ricami (anche metallici), paillettes, merletto e tombolo, vetri soffiati applicati su tulle o crepe di seta, piume di struzzo e di pavone (particolarmente amati nei ventagli e nei cappelli). Un interessante capitolo del libro è dedicato ai rapporti tra il cinema e la grande moda. Citiamo solo alcuni film 'L'innocente', 'Morte a Venezia', diretti da Luchino Visconti e interpretati da Laura Antonelli e Silvana Mangano, indimenticabili nei loro abiti firmati da Piero Tosi. Un documento con una sua straordinaria valenza storico-artistica che attesta i gusti di un'epoca. Nessun grande stilista si sottrasse mai alla malia del grande schermo. Marcel Escoffier ('Il signor Max' di Mario Camerini, 1937), Poiret, Coco Chanel, Hubert de Givenchy inseparabile da Audrey Hepburn (ricordate 'Breakfast at Tiffany's'?), Fernanda Gattinoni ('Cronaca di un amore' di Michelangelo Antonioni con Lucia Bosé), il grande fotografo Cecil Beaton che accetta la sfida di creare i costumi per 'My fair lady', e poi Milena Canonero e Gabriella Pescucci, allieve di Piero Tosi, che firmano gli abiti per 'Barry Lyndon' di Stanley Kubrick (1975) e per 'L'età dell'innocenza' di Martin Scorsese, premio Oscar nel 1993 per i costumi. Elogio e trionfo della creatività italiana, del genio e della sensibilità femminile.
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