Da Rossi a Morandi, da Viani ad Arp. Giuseppe Marchiori critico d'arte
Cicero
Venezia, Galleria Bevilacqua La Masa - Palazzetto Tito, 10 novembre 2001 - 14 gennaio 2002.
A cura du Sileno Salvagnini.
Venezia, 2002; br., pp. 245, ill. b/n num. n.t., 100 ill. col. num. n.t., cm 24x29.
Soggetto: Pittura,Scultura
Periodo: 1800-1960 (XIX-XX) Moderno
Luoghi: Nessun Luogo
Testo in:
Peso: 1.36 kg
Nato nel 1901 nel profondo Veneto, Giuseppe Marchiori è stata una figura centrale nel panorama critico italiano a cavallo tra anni Trenta e anni Cinquanta: fortemente legato alla sua terra d'origine, ma capace di evitare i rischi incombenti del provincialismo, Marchiori ha ritagliato per sé uno spazio critico autonomo, prediligendo gli artisti alle categorie estetiche preconfezionate. Ne sono testimonianza i nomi degli autori da lui più amati, tutti difficilmente ascrivibili a una precisa corrente, grandi outsider della pittura del XX secolo, da De Pisis, prima passione giovanile, a Morandi, da Licini a Birolli.
Sono questi, naturalmente, gli artisti che fanno la parte del leone in mostra, in particolare Licini (cui è dedicata una splendida parete) e Birolli, autore, tra l'altro, di un Ritratto di Marchiori che testimonia dello stretto rapporto che legava i due. Ma la vicenda del critico non può essere circoscritta a questi fondamentali incontri. Della sua storia fanno parte anche gli inizi nell'ambito locale, gli interessi testimoniati dalle cronache pubblicate nel Corriere Padano o nelle altre riviste alle quali Marchiori ha collaborato nel corso degli anni (ecco allora sfilare i nomi di Scipione e De Luigi, di Rossi e di Soldati), e, soprattutto, la partecipazione alle complesse vicende dell'arte italiana dell'immediato secondo dopoguerra.
Il Fronte Nuovo delle Arti, le Biennali veneziane del 1948 e del 1950, le polemiche interne alla generazione nuova, hanno avuto in Marchiori un testimone partecipe, coinvolto in qualità di critico ma anche di compagno di strada. Nelle pagine dei cataloghi delle Biennali, della Fiera Letteraria, nelle prefazioni ai cataloghi monografici, infine del fondamentale e controverso volume Arte e artisti d'avanguardia in Italia (1910-1950), si rincorrono i nomi di Mafai, Guttuso, Vedova, Santomaso, Viani: una generazione e mezzo di artisti che hanno segnato l'entrata dell'Italia all'interno del dibattito sulla contemporaneità internazionale.
La mostra si chiude sulle presenze più giovani, da Adami a Plessi, estremi tentativi di Marchiori di continuare a leggere il proprio tempo attraverso la nuova generazione, cercando all'interno di essa quella continuità che mai era venuta meno in precedenza.
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