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De Ferrari. La piazza dei genovesi

De Ferrari Editore

A cura di Poleggi E.
Genova, 2005; ril., pp. 222, ill. b/n e col., cm 21,5x28.
(Imago).

collana: Imago

ISBN: 88-7172-679-0 - EAN13: 9788871726793

Soggetto: Arte Libraria (Carte, Mappe, Codici Miniati),Arti Grafiche (Disegno, Incisione, Miniatura),Centri Minori,Città,Fotografia,Saggi (Arte o Architettura),Urbanistica e Viabilità

Periodo: 1400-1800 (XV-XVIII) Rinascimento,1800-1960 (XIX-XX) Moderno

Luoghi: Liguria

Testo in: testo in  italiano  

Peso: 0 kg


Per i primi 25 secoli della sua lunga storia, Genova non ha avuto una grande piazza, un luogo pubblico riconosciuto dai suoi cittadini per incontri, assemblee e manifestazioni, appunto, di piazza.
Non nell'epoca preromana, quando la città nacque sulla collina di Sarzano come punto di incontro fra le civiltà mediterranee (greca e fenicia) e il popolo dei Liguri.
Non ai tempi dei Romani, quando l'Aurelia attraversava in obliquo, partendo dalla medioevale Porta Soprana, quella che oggi è via XX Settembre per infilarsi in San Vincenzo, costeggiando il mare - poi riempito dalle piene del Bisagno - e portare fuori dalla città, verso Levante.
Non nel Medio Evo, quando la città si allargò in quello che le moderne guide turistiche definiscono un po' pomposamente "il centro storico più grande d'Europa"; in realtà, come ci ricorda Ennio Poleggi nella sua acuta postfazione, "l'ultima testimonianza europea di una grande città portuale e medievale".
E nemmeno nel periodo di massimo splendore della Repubblica di Genova, il tanto celebrato "Siglo de Oro de los Genoveses", quando le grandi famiglie dell'oligarchia che si alternavano al potere nel Palazzo dei Dogi, risiedendovi per brevi periodi, preferivano abbellire le piazzette - su cui si affacciavano la domus magna, la chiesa gentilizia, l'albergo e la torre di famiglia - piuttosto che disegnare una grande piazza là dove sarebbe stato più naturale farlo: al centro della città e davanti al Palazzo.
Fu solo nell'Ottocento, quindi, che questa idea che oggi ci pare così ovvia divenne realtà. E lo divenne grazie alla borghesia di allora, che volle dare a Genova, scimmiottando un po' Parigi, un boulevard - via XX Settembre - e una Piazza degli Affari, che fungesse da cerniera fra il centro storico e la parte moderna della città. La piazza fu intitolata, nel 1875, al più grande benefattore che Genova abbia mai avuto: il Marchese Raffaele De Ferrari, che con la moglie Maria Brignole Sale lasciò a Genova un grande porto moderno, oltre agli ospedali, ai musei e al resto. E, non a caso, proprio là dove Via Venti sbucava orgogliosamente nella nuova piazza sarebbe sorto, trent'anni dopo, il Palazzo della Nuova Borsa, che ne completava l'assetto e disegnava lo skyline che oggi tutti abbiamo in mente. Coerentemente, quella stessa borghesia, nella prima metà del XX°secolo, volle situare nei nuovi edifici della piazza le funzioni di comando: oltre alla Borsa, la Società Italia, l'Accademia e la sede centrale del Credito Italiano.
Nel dopoguerra, però, De Ferrari fu tradita dai suoi costruttori: i ricchi si trasferirono nei quartieri alti, abbandonando il centro storico e, con la crisi degli anni 70 e le grandi dismissioni industriali, la piazza perse la sua funzione direzionale, mantenendo ancora per poco solo la sede del Tribunale in un Palazzo Ducale dai fasti ormai appannati, di fronte alla ferita ancora aperta del Carlo Felice raso al suolo dai bombardamenti.
Il resto è storia recente, recentissima: il grandioso recupero di Palazzo Ducale e del Teatro dell'Opera, la quasi totale pedonalizzazione voluta dal Comune, la fontana ridisegnata da Bernhard Winkler, il ritorno della funzione direzionale con le nuove sedi di Regione e Camera di Commercio - che ha riaperto ai genovesi il Palazzo della Borsa e restaurato, destinandolo ai propri servizi al pubblico, il Palazzo di Giulio Pallavicino, meglio conosciuto come palazzo del Secolo XIX - e, soprattutto, con la stazione della metropolitana, che di fatto riporta a De Ferrari il centro della città.
Questa, in breve, la storia che si racconta in questo libro. Un libro fortemente voluto dalla Camera di Commercio e da me personalmente. Il primo, mi piace ricordarlo, che sia mai stato scritto sulla storia di De Ferrari, la piazza che Genova non aveva.

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