Angelo Biancini. Sculture e ceramiche dagli anni trenta al dopoguerra
Edit Faenza
Faenza, Museo Internazionale delle Ceramiche, 2 giugno - 30 novembre 2006.
Faenza, 2006; br., pp. 112, ill. col., cm 19,5x26.
Soggetto: Arti Decorative (Ceramica, Porcellana, Maiolica),Scultura
Periodo: 1800-1960 (XIX-XX) Moderno,1960- Contemporaneo
Luoghi: Nessun Luogo
Testo in:
Peso: 0.47 kg
Il suo nome rimane legato a Faenza, città dove ha lavorato fino alla morte e dove entra, nel 1942, all'Istituto d'Arte per la Ceramica assumendo successivamente la cattedra di Plastica che era stata di Domenico Rambelli. Manterrà questo incarico fino al 1981, contribuendo a formare, nel suo studio all'interno della scuola, varie generazioni di artisti e di ceramisti.
I suoi principali interessi scultorei non mancheranno, riversandosi nella ceramica, di contribuire in maniera decisiva all'affrancamento di quest'arte da una condizione "minore" di arte decorativa e alla sua affermazione come espressione artistica tout court.
Negli anni della formazione a Firenze, presso l'Istituto d'Arte di Porta Romana, segue soprattutto i corsi e l'insegnamento di Libero Andreotti che additerà sempre come suo vero maestro. Tornato a Faenza, nella seconda metà degli anni Trenta inizia a misurarsi con impegni scultorei di notevole rilievo: statue per il Palazzo della Civiltà Italiana all'E.U.R., statua dell'Atleta vittorioso per il Foro Mussolini, gruppi statuari per il Ponte delle Vittorie a Verona.
Nel 1934, partecipa per la prima volta alla Biennale di Venezia ma anche la Quadriennale d'Arte Nazionale di Roma e la Triennale di Milano ospiteranno alcuni suoi lavori del periodo. A Faenza, inoltre, colloca alcune importanti opere nel Cimitero dell'Osservanza. Senza scarti avanguardistici, anzi diffidandone, Biancini rimane fedele a una figurazione e a un "vero" che hanno riconosciute, e ammesse, fonti nella più antica tradizione italiana rinverdita da una singolare capacità di registrare le più tenui espressioni emozionali di soggetti, spesso umili e popolari, indagati con un acume quasi psicologico.
Nel 1937, dietro sollecitazione di Gaetano Ballardini, si trasferisce a Laveno dove collabora con Guido Andlovitz alla direzione artistica della Società Ceramica Italiana, una delle maggiori industrie ceramiche di quegli anni. Fino ai primi anni Quaranta, realizza per la S.C.I. sculture e oggetti d'arredamento di piccola e grande dimensione destinati a un successo sancito dalle più importanti esposizioni e dalle riviste dell'epoca. Sono di questo periodo opere in ceramica in piccola serie quali: Bimba portatrice di pane, Donna alla fonte, Diana cacciatrice, Atteone e Orfeo. All'inizio degli anni Quaranta, Biancini emerge come una delle figure più promettenti tra le nuove leve della scultura italiana.
Ruolo, questo, che verrà confermato nell'immediato dopoguerra quando otterrà, nel 1946, il Premio Faenza con Annunciazione e quando verrà invitato a partecipare alla prima grande mostra della scultura italiana dopo il conflitto mondiale organizzata dalla Galleria della Spiga di Milano. Le due mostre personali di Milano, alla Galleria dell'Illustrazione Italiana nel 1948 e alla Galleria San Fedele nel 1956, lo imporranno ulteriormente all'attenzione della critica nazionale.
Nei decenni a seguire la sua opera troverà occasioni sempre più rilevanti, e spesso monumentali, soprattutto nel campo dell'arte religiosa: Monte Carmelo di Chicago, Basilica di Nazareth, Tempio dei Martiri Canadesi a Roma, Ospedale Maggiore di Milano, Collegio Pio Latino Brasiliano di Roma, Chiesa dell'Autostrada del Sole di Firenze, Hospitium di Camaldoli, Palazzo della FAO a Roma, Santuario di Gesù Bambino a Arenzano.
Numerose sono anche le sue opere di carattere commemorativo in Italia e in paesi quali l'Algeria e il Brasile. Nel 1973 gli viene riservata una sala personale nella Collezione d'Arte Moderna dei Musei Vaticani.
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