Clara Rezzuti
Edizioni Altrastampa
Napoli, Casina Pompeiana, 20 ottobre - 16 novembre 2001.
A cura di Rezzuti C.
Casina Pompeiana - Villa Comunale di Napoli.
20 ottobre - 16 novembre 2001.
Napoli, 2001; br., pp. 112, ill. b/n e col., cm 24x30.
(Cataloghi d'Arte).
collana: Cataloghi d'Arte
ISBN: 88-88374-00-0 - EAN13: 9788888374000
Soggetto: Collezioni,Pittura,Pittura e Disegno - Monografie,Saggi (Arte o Architettura),Scultura
Periodo: 1960- Contemporaneo
Luoghi: Nessun Luogo
Testo in:
Peso: 0.65 kg
Tutto il movimento delle arti visive a Napoli dal dopoguerra ad oggi è diventato oggetto di una vasta letteratura; ma purtroppo in generale solo di letteratura. Quando alcuni di noi s'impegnarono, a partire dal 45, nel rinnovamento della pittura e scultura, affinché il "pubblico napoletano fosse affrancato dal vedutismo di maniera, dal gusto provinciale dell'iconografia ottocentesca" - e quanta retorica appare oggi in queste frasi di allora - ci imbarcammo in una grande illusione. Ci dissero che stavamo compiendo una meritoria azione culturale, che sarebbe sorto un radicale rinnovamento, che avremmo avuto un mercato d'arte, che si sarebbe aperta anche a Napoli una galleria d'arte moderna, ecc. Chi avrebbe resistito mentre aveva venti o trent'anni a queste speranze, anzi a queste future certezze? E così, fieri e orgogliosi del nostro avanguardistico coraggio, dopo aver fatta un'indigestione di tutta la cultura improvvisamente scoperta, ci recavamo al bar Moccia, alla galleria Forti, al Blu di Prussia e dovunque avevamo ospitalità per discutere fino a tarda notte tutta la "situazione". Di che si trattava? In comune era l'avversione al suddetto passatismo, ma una volta acquisito questo punto Io scontro avveniva su altri temi e problemi. Era sociale o culturale la nostra operazione? Chi erano da preferirsi gli espressionisti o i contemplativi? I realisti o i non - figurativi? E fra i primi, i guttusiani o quelli del realismo socialista? E fra i secondi, gli astrattisti o i concretisti? Non che queste discussioni mancassero di qualche fondamento, tant'è che sono servite successivamente ad ognuno di noi per intraprendere una propria strada. Ma è indubbio che qualcuno ci prese troppo sul serio e noi stessi risultavamo seriosi, decisi a salvare la cultura italiana, o quanto meno, quella locale, dalle forze "conservatrici e reazionarie", che alcuni di noi identificavano nei pittori di metallurgici e di mondine, mentre altri in chi dipingeva intrecciate geometrie. Beninteso, non che mancassero fra noi artisti di talento, come poi hanno dimostrato, ma la nostra ingenuità consisteva nel fatto che non i singoli artisti se la sarebbero cavata, bensì che la rivoluzione culturale sarebbe stata un moto collettivo; altrettanto ingenuo era ritenere che i più avanzati gruppi milanesi e romani ci associavano a loro per le nostre qualità e non, come di fatto avveniva, giusto per formare una sezione napoletana del loro movimento sul modello del reclutamento provinciale dei partiti politici. Comunque la condizione è rimasta immutata: non s'è creato un mercato d'arte; le mostre sono prevalentemente dovute alla beneficenza di qualche istituzione; non abbiamo avuto ancora una galleria d'arte moderna.
In compenso, come dicevo, s'è scritto molto, moltissimo tanto da creare un certo imbarazzo in chi ricorda gli avvenimenti del tempo con un certo distacco allorquando qualche graziosa laureanda in lettere moderne mi chiede che cosa mi separasse dal realista Armando De Stefano o da uno stesso concretista come Renato Barisani. Dopo tanta filologia e persino agiografia direi che, ad averne voglia, è giunto il momento di un serio esame critico atto a ridimensionare l'intera vicenda.
Affidandoci alla memoria di quegli anni, accanto a noi più "grandi" per età, statura, vis polemica, ecc. troviamo le nostre ex compagne, poi mogli e madri, le quali meritano un ricordo affettuoso e gentile. Erano meno rumorose, più attente, sensibili, pratiche e conseguenti come di solito accade alle donne quando s'impegnano in un mestiere difficile solitamente appannaggio degli uomini. La prima amica che mi viene alla mente è Clara Rezzuti, che elaborava una pittura estremamente coerente alla sua femminilità e al suo stesso aspetto fisico. I suoi paesaggi, figure e nature morte, non concedevano molto all'astrattismo; si distinguevano nettamente sia dall'espressionistiche colorazioni di Montefusco, sia dalle bituminose tele di Tarchetti, sia dai geometrismi di Barisani e Tatafiore, sia dalle figurazioni storiche di De Stefano, sia dalle composizioni concretiste del sottoscritto. Avendo intuito che molto spesso in pittura vale la perseverante coerenza, ancor oggi la Rezzuti presenta opere che, non immuni da cambiamenti e sottili sperimentazioni, conservano ancora quel fascino giovanile che le contrassegnava a partire dagli anni Cinquanta.
Renato De Fusco
(9 marzo 2001)
Biografia
Nata a Napoli, dove risiede, Clara Rezzuti ha studiato al liceo artistico e all'Accademia di Belle Arti della stessa città. A partire dagli anni Cinquanta è presente sulla scena artistica nazionale e internazionale. Nel 1985 le è stato conferito il riconoscimento di Benemerito della Scuola, della Cultura e dell'Arte dal Ministro della Pubblica Istruzione.
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