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Toti Scialoja

Ferrara Arte

Ferrara, Palazzo dei Diamanti, 16 giugno - 1 settembre 2002.
Il catalogo comprende anche opere di Alexander Calder, Willem De Kooning, Arshile Gorky e Cy Twombly.
Co-Editore: Civiche Gallerie di Arte Moderna e Contemporanea.
Ferrara, 2002; br., pp. 168, 79 tavv. col., cm 23x30.

Soggetto: Pittura e Disegno - Monografie

Periodo: 1960- Contemporaneo

Testo in: testo in  italiano  

Peso: 0.93 kg


prima grande antologica dopo la morte dell'artista, uno dei principali protagonisti delle vicende artistiche italiane della seconda metà del XX secolo.
Oltre che pittore, Scialoja è stato poeta, scrittore, scenografo e docente dell'Accademia di Belle Arti di Roma, di cui fu direttore per un lungo periodo.
Dopo le prime esperienze di matrice espressionista, legate all'ambito della Scuola Romana, a partire dai primi anni Cinquanta Scialoja intraprese quella sua personale riflessione sull'arte astratta che lo portò dapprima a dipingere usando materiali anticanonici e uno straccio imbevuto di colore al posto del tradizionale pennello, e successivamente, nel 1957, ad elaborare la sua personale tecnica dello "stampaggio".
Da allora in avanti, "figure" della sua pittura divennero prevalentemente le "impronte", grandi e solitarie forme di colore "battute" e impresse sulla superficie del quadro. Intenzione di Scialoja era quella di trasmettere sulla tela, con quel gesto insieme consapevole e cieco, tutta quanta l'esistenza, unione indistricabile di "viscere" e "pensiero", di "evento" e di "tempo". Prima magmaticamente sovrapposte l'una sull'altra ad occupare l'intera pagina del dipinto, poi - dopo il lavoro compiuto nel corso del suo secondo viaggio a New York (1960) e di un lungo soggiorno a Parigi, disteso tra il '61 e il '64 - scandita paratatticamente in campi vieppiù isolati, le "impronte", e il gesto rabdomantico che dà loro origine, sono una delle forme maggiori dell'arte astratta europea dei loro anni.
Gli anni Settanta, e il primo avvio degli Ottanta, segnarono un tempo difficile per l'artista che, giunto al culmine della sua riflessione teorica sulla pittura, se ne sentì quasi paralizzato, realizzando prevalentemente opere su carta, collages e acquerelli. Dal 1982, anno di un viaggio in Spagna e di un incontro che il pittore confesso "folgorante" con la pittura della Quinta del Sordo di Goya, Scialoja dette inizio ad una nuova stagione della sua pittura, caratterizzata dal recupero delle più importanti esperienze degli anni passati, e per primo del "grande gesto libero e cieco" che aveva denotato il suo fare fra il '56 e '57.
Una sezione della mostra - che presenterà, assieme a circa sessanta dipinti di grande dimensione, molti fra i quali mai esposti prima d'ora, le quindici piccole e di fatto sconosciute sculture in bronzo eseguite da Scialoja ed ora di proprietà della Fondazione a lui intitolata, di alcuni fra i grandi artisti statunitensi con i quali Scialoja ha intessuto una profonda amicizia, testimoniata fra l'altro proprio dalle numerose opere di cui essi fecero dono a Scialoja e alla moglie, critico e storico dell'arte, Gabriella Drudi: in questa sezione sono esposte opere, inedte e rarissime nel panorama espositivo italiano, di Arshile Gorky, Willem de Kooning, Cy Twombly e Alexander Calder.

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design e realizzazione: Vincent Wolterbeek / analisi e programmazione: Rocco Barisci