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Machines à penser.

Fondazione Prada

Venezia, Ca' Corner della Regina, 26 maggio - 25 novembre 2018.
A cura di Roelstraete D.
With italian translations.
Testo Italiano e Inglese.
Milano, 2018; br., pp. 546, 255 ill. col., cm 12,5x17,5.

ISBN: 88-87029-72-5 - EAN13: 9788887029727

Soggetto: Saggi (Arte o Architettura),Scultura

Periodo: 1960- Contemporaneo

Testo in: testi in  inglese, italiano  testi in  inglese, italiano  

Peso: 1.02 kg


Fondazione Prada presenta la mostra "Machines à penser", a cura di Dieter Roelstraete, un progetto che esplora la correlazione tra le condizioni di esilio, fuga e ritiro e i luoghi fisici o mentali che favoriscono la riflessione, il pensiero e la produzione intellettuale.

"Machines à penser" si focalizza su tre fondamentali figure della filosofia del XX secolo: Theodor W. Adorno (1903 -1969), Martin Heidegger (1889 - 1976) e Ludwig Wittgenstein (1889 -1951). Gli ultimi due filosofi hanno condiviso nel corso della loro vita la necessità di creare un proprio luogo di isolamento intellettuale: Heidegger ha trascorso lunghi periodi della sua maturità in una baita a Todtnauberg nella Foresta Nera in Germania, mentre Wittgenstein si è ritirato in più momenti della sua esistenza in un rifugio situato in un fiordo a Skjolden in Norvegia. Nel caso di Adorno è analizzata, invece, la condizione di esilio che il filosofo tedesco sperimenta, a causa dell'affermazione del nazismo in Germania, prima a Oxford e poi a Los Angeles, dove scrive "Minima moralia", un insieme di aforismi che indagano tra gli altri temi quello del destino di un'emigrazione forzata. Seguendo queste riflessioni l'artista e poeta scozzese Ian Hamilton Finlay ha realizzato nel 1987 Adorno's Hut, un'installazione centrale all'interno della mostra insieme alle ricostruzioni architettoniche dei luoghi di ritiro di Heidegger e Wittgenstein. Esposte negli spazi di Ca' Corner della Regina, queste riproduzioni accolgono a loro volta documenti e opere che trattano il tema dell'archetipo architettonico della capanna come luogo di fuga e di ritiro.

Come sostiene Dieter Roelstraete: "in questi spazi i tre protagonisti della mostra hanno partorito i loro pensieri più profondi. L'isolamento, sia che sia stato scelto sia che sia stato imposto, sembra averne decisamente influenzato il pensiero. Nel corso degli anni le loro abitazioni si sono dimostrate una fonte d'ispirazione inesauribile per molte generazioni di artisti attratti dalla fantasia del ritiro, materializzata in questi elementari archetipi architettonici".

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design e realizzazione: Vincent Wolterbeek / analisi e programmazione: Rocco Barisci