Architettura e memoria
A cura di Gottardo F. e Portoghesi P.
Roma, 2006; cartonato, pp. 564, ill. b/n e col., cm 23x24,5.
(Arti Visive, Architettura e Urbanistica).
collana: Arti Visive, Architettura e Urbanistica
ISBN: 88-492-0990-8
- EAN13: 9788849209907
Soggetto: Architetti e Studi,Arti Grafiche (Disegno, Incisione, Miniatura),Saggi (Arte o Architettura),Scultura
Periodo: Tutti i Periodo
Luoghi: Italia
Testo in:
Peso: 2.532 kg
Paolo Portoghesi, nato nel 1931, appartiene, come Roberto Gabetti, Aldo Rossi, Vittorio Gregotti, Guido Canella, alla generazione degli architetti "nati con la penna in mano". Prima ancora di laurearsi aveva già pubblicato un libricino su Guarino Guarini e diversi saggi sull'architetto che sarebbe rimasto, per tutta la vita, il suo maestro: Francesco Borromini. Di Portoghesi, nel lontano 1953, il poeta Leonardo Sinisgalli scriveva in prima pagina, sulla "Fiera Letteraria": «Era ancora un ragazzo, timido, magro, scarmigliato: era uscito appena dal liceo e non portava nelle tasche né racconti né versi. Aveva una cartella gonfia di libri sotto il braccio [...] erano libri antichi, libri rari [...], Vitruvio, Vignola, Lodoli, Cartesio, Ramelli. [...] Tra un esame e l'altro, tra l'una e l'altra esercitazione, ha inserito i suoi studi, le sue analisi. Non è ancora un architetto laureato ma è sicuramente un critico, un intenditore, un esperto». Da allora Portoghesi, in cinquanta anni, ha scritto trentacinque volumi e centinaia di saggi che da una parte hanno affrontato temi teorici e storici di grande rilievo; dall'altra hanno seguito la produzione architettonica internazionale durante quasi mezzo secolo di storia, dal Neo-realismo alle ultime tendenze del terzo millennio. Questo libro riunisce una serie di contributi dispersi in riviste e pubblicazioni di difficile reperimento e consente nel suo insieme di valutare il ruolo di Portoghesi come teorico, come storico, come critico militante, come architetto, come organizzatore e animatore culturale anche nel campo delle arti visive e soprattutto come strenuo difensore del valore creativo della memoria, indispensabile alimento di ogni innovazione che non sia fondata sulla sabbia. Come insegna del suo operare Portoghesi ha scelto, fin dal 1962, questa riflessione di Simone Weil: «È cosa vana distogliersi dal passato per pensare soltanto all'avvenire. È una illusione pericolosa pensare soltanto che sia possibile. L'opposizione tra avvenire e passato è assurda. Il futuro non ci porta nulla, non ci dà nulla; siamo noi che, per costruirlo, dobbiamo dargli tutto, dargli persino la nostra vita. Ma per dare bisogna possedere, e noi non possediamo altra vita, altra linfa che i tesori ereditati dal passato e digeriti, assimilati, ricreati da noi. Fra tutte le esigenze dell'anima umana nessuna è più vitale di quella del passato».