Alighiero Boetti. Dire, Fare, Guardare
Lubrina Editore
Bergamo, Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea, 6 aprile - 18 luglio 2003.
A cura di Brambilla Ranise G.
Bergamo, 2004; br., pp. 62, ill. b/n e col., tavv., cm 22x31.
(I Quaderni della Galleria d'Arte Moderna di Bergamo).
collana: I Quaderni della Galleria d'Arte Moderna di Bergamo
ISBN: 88-7766-285-9 - EAN13: 9788877662859
Soggetto: Pittura e Disegno - Monografie,Saggi (Arte o Architettura)
Periodo: 1960- Contemporaneo
Testo in:
Peso: 0.34 kg
Artista di estrema attualità, Boetti ha creato nell'arco di trent'anni, dagli anni '60 al '94, anno della sua scomparsa, un modo tutto nuovo di fare arte sempre all'insegna di tre principi fondamentali: la complessità del rapporto con l'Altro e lo straniero, il superamento dei confini e il ruolo della comunicazione nella civiltà della riproduzione.
Il suo percorso si è sviluppato con l'utilizzo delle tecniche più nuove oltre che più varie, tanto da far pensare, davanti alle sue opere, di trovarsi di fronte ad artisti diversi: osservando i suoi lavori si scoprono serie completamente uniche, differenti le une dalle altre, una incredibile varietà creativa legata da un filo conduttore che lega e identifica la sua produzione. L'atteggiamento artistico di Boetti supera la concezione modernista di "stile" come fattore che identifica ciascun artista in contrapposizione agli altri grazie ad una serie di connotazioni formalmente riconoscibili. Nel caso di Boetti, Di Pietrantonio e Levi parlano di uno "stile libero", di una libertà nell'utilizzo di strumenti e tecniche differenti che ha anticipato quell'atteggiamento - divenuto poi tipico della pratica artistica a partire dall'inizio degli anni 90 - improntato all'uso trasversale dei più diversi media, dalla pittura al video, dalla scultura all'installazione.
La mostra di Bergamo già nel titolo Boetti. Quasi tutto, vuole ironicamente mettere in risalto l'impossibilità di raccontare l'intera vicenda di un artista all'interno di una mostra antologica. Ma il titolo rimanda anche ad una serie di lavori che Boetti ha realizzato a partire dal 1984 e che si intitola, appunto, Tutto: arazzi la cui superfice è interamente affollata di immagini.
Questo desiderio di abbracciare tutto il mondo nella molteplicità delle sue sembianze ci riporta all'amore dell'artista per la proliferazione di forme e per la loro organizzazione in un ordine visivo, e sottolinea ulteriormente il rapporto che esiste tra imprevedibilità dell'esistenza e necessità di classificazione nel lavoro.
La mostra parte dagli esordi nell'ambito dell'Arte Povera verso la fine degli anni '60 fino agli inizi del 1994, anno della sua scomparsa, con un'ampia selezione di opere che coprono l'intero arco della sua produzione privilegiando un rapporto molto stretto tra spettatore e singola opera, al di là di qualsiasi approccio cronologico o tematico.
L'intento è quello di concentrare l'attenzione dello spettatore sulla singolarità di ciascuna opera e far sì che vi entri in contatto.
Il percorso della mostra, quindi, tenta di riprodurre la libertà e la leggerezza che contraddistinguono la sensibilità dell'artista, concentrandosi sulla dimensione "a parete" e privilegiando quelle opere dove il tratto personale dell'artista e la produzione stessa dell'opera non è stata demandata ad altri.
A fianco a questa modalità espressiva incentrata sull'esecuzione personale di Boetti (e che contraddistingue serie di lavori come i disegni dei primi anni sessanta Tra sé e sé, Fregio della Biennale di Venezia del 1990 ecc.), troviamo alcuni lavori storici dei suoi esordi, come le sperimentazioni della seconda metà degli anni '60 sull'uso di materiali industriali e sull'accumulo e la ripetizione come modalità di produzione estetica: Zig Zag, 1966; Mimetico, 1966; Frou Frou e Fagus, 1966; Senza Titolo (metro cubo) , 1967; Niente da vedere, niente da nascondere, 1969, tanto per citarne alcuni.
Sono inoltre presenti una serie di classici della produzione boettiana come Storia naturale della moltiplicazione, Cimento dell'armonia e dell'invenzione, alcuni esempi di noti arazzi come mappe e testi ricamati, grandi lavori biro, affianco ad opere meno note o inedite e che approfondiscono la conoscenza dell'artista in direzioni meno usuali. Tra tutte, spicca la cartella composta da 82 tavole autografe in cui Alighiero Boetti ha riassunto un'ampia parte del suo lavoro, miniaturizzandolo e rendendolo trasportabile come un immaginario schedario della propria vicenda artistica.
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