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La coda della q. 50 marchi per la Fondazione Giancarlo Quarta

Silvia Editrice

A cura di Bucchetti V. e Minocchio M.
Cologno Monzese, 2005; br., pp. 80, ill. b/n e col., cm 21x15.

ISBN: 88-88250-29-8 - EAN13: 9788888250298

Soggetto: Collezioni,Design

Testo in: testo in  italiano  

Peso: 0.2 kg


La progettazione di un nuovo segno corrisponde a una nuova voce sulla scena mediatica, a un nuovo nucleo all'interno di un complesso tessuto segnico. Con la sua presenza si aggiunge un elemento all'interno di un universo semantico articolato, ma, soprattutto, all'interno di un contesto saturo in cui la necessità di affermazione della singola individualità risente dell'effetto di annullamento prodotto dalla densità dello scenario.
In un contesto in cui ogni soggetto deve fare appello ad un segno, quale spazio comunicativo rimane per nuove configurazioni? Quali le capacità dei marchi di dare luogo a processi di significazione e, prima ancora, di raggiungere una soglia di visibilità? Ogni volta che ci si trova di fronte alla progettazione di un marchio, sappiamo essere al punto di partenza per l'elaborazione di un sistema di identità, all'elemento segnico che comunica in absentia, al tratto costitutivo essenziale per costruire un complesso segnico unitario, di cui maestri come Bob Noorda ci hanno trasferito la loro lezione. Di fronte a questo atto progettuale ci si accorge di quanto solo all'apparenza esso includa una pratica acquisita, della quale sono delineate le tipologie e definiti i requisiti necessari per essere correttamente inseriti in un percorso mediatico. Ci si accorge di quanto il marchio sia un risultato imprescindibile da un'educazione alla visione ben precisa, da un'attenzione all'equilibrio dei pesi, al rapporto figura-sfondo, all'armonia delle forme o al contrasto tra "pieni" e "vuoti", ai valori di controscambio tra positivo e negativo, ai ritmi delle linee o alle forze dinamiche che si contrappongono. Ci si accorge di quanto la sua progettazione implichi attenzione verso l'insieme di regole che coinvolgono la dimensione percettiva, e quindi verso quei principi di leggibilità, visibilità, riproducibilità che permettono di prevedere le applicazioni e di garantirne l'attuazione, ma anche quanto la sua progettazione riguardi in modo sempre più rilevante il controllo della dimensione semantica.
Al designer viene infatti affidato il controllo degli "effetti di senso", prodotti attraverso il grafema, ossia il controllo delle dinamiche che permettono al marchio di essere "compreso". È certamente questo il piano oggi più delicato che deve essere posto al centro di una nuova ricerca progettuale, poiché progettare un marchio significa elaborare un segno semanticamente orientato all'interno di un contesto messo alla prova dalle sue stesse logiche. La posizione rivestita dal marchio è oggi, infatti, profondamente mutata; con la sua configurazione visiva esso deve agire all'interno di una semiosfera nella quale sempre più spesso rischia di perdersi, all'interno di un contesto plasmato dai linguaggi della brand e caratterizzato dal ricorso alla dimensione descrittiva, così come da un'enfatizzazione della dimensione narrativa che ha dato origine a marchi sempre più sbilanciati verso il piano della raffigurazione, a marchi compositi, a piccole storie per immagini, a marchi-cammeo. E se sul piano della figurativizzazione...

Valeria Bucch

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