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Ludovico Gritti, un principe-mercante del Rinascimento tra Venezia, i turchi e la corona d'Ungheria

Edizioni della Laguna

Presentazione di Giorgio Dissera Bragadin.
Mariano del Friuli, 2002; paperback, pp. 355, ill., col. plates, cm 17x24.
(Italia-Ungheria).
(Edizioni della Laguna. 368).
(Italia-Ungheria. Collana di studi e documenti. 1).

series: Italia-Ungheria

ISBN: 88-8345-102-3 - EAN13: 9788883451027

Subject: Historical Essays

Period: 1400-1800 (XV-XVIII) Renaissance

Places: Venice

Languages:  italian text  

Weight: 1.16 kg


Il libro rivela, dopo secoli di oblìo, la figura di Ludovico Gritti, figlio naturale del doge Andrea, protagonista di una eccezionale vicenda politica, economica e umana nella prima metà del Cinquecento. Gli Asburgo e Venezia, i Turchi e le lotte per la titolarità della Corona d'Ungheria, Costantinopoli e le terre danubiane costituiscono lo sfondo in cui si svolge, nell'arco di pochi anni, l'incredibile "carriera" di questo principe - mer-cante "veneziano", che finì la sua esistenza vittima di una troppo rapida crescita in potere economico e politico.

Ludovico Gritti era vissuto a Costantinopoli praticando con gran pro-fitto la mercatura: in breve tempo era divenuto, per ricchezza e autorità, il terzo uomo della Porta (dopo il sultano Solimano il Magnifico e il gran visir Ibrâhîm Pascià). E' chiaro - sostengono i suoi biografi - che prima o poi sarebbe entrato in politica.

Ludovico Gritti, presentato a Hieronym Laski come "consigliere" del sultano, iniziò la carriera politica in Ungheria come "ambasciatore e agente" di Giovanni Zápolya; nell'autunno del 1529 fu nominato dal re Giovanni "sommo tesoriere" e "consigliere" del regno magiaro; l'anno dopo, fu eletto "governatore", e, infine, nell'estate del 1532 fu preposto come "capitano generale" al comando supremo dell'esercito ungherese. Divenne in breve tempo la seconda autorità del regno magiaro; in pratica fu re di fatto, mentre Giovanni Zápolya rimase re soltanto di nome.

Ludovico Gritti fu anche uno dei pochissimi "infedeli" a far carriera politica e a esercitare un ruolo di primaria importanza nell'Impero Ottomano, grazie appunto alla sua intima amicizia col sultano e col granvisir, anche se gl'incarichi da lui ricoperti nell'ambito della politica estera dell'impero osmanico ne violavano le consuetudini e gl'ideali. L'eccezionalità della sua posizione sia a Costantinopoli che in Ungheria (Gritti era vuoi sul Bosforo vuoi a Buda pur sempre uno straniero e per di più figlio di un principe occidentale), il suo immenso potere economico, i suoi metodi dispotici di governo, la sua smisurata ambizione politica (corse voce che aspirasse addirittura alla corona magiara), i cospicui crediti finanziari che aveva elargito in Ungheria e a Costantinopoli finirono per procurargli non pochi nemici in entrambe le corti. La fine atroce che lo attese a Medgyes, in Transilvania, il 29 settembre 1534 era perciò abbastanza scontata e prevedibile.

Frutto del lavoro decennale di una studiosa ungherese (Gizella Nemeth) e di un professore universitario italiano (Adriano Papo), il corposo volume, ricco di apparati (oltre 1.000 note) e indici, inaugura una Collana di studi e documenti Italia - Ungheria.

L'interesse veneto dell'opera è evidente sia nella trattazione storica che nell'iconografia.

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