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Il quadro che visse due volte. Come l'arte influenza il cinema

Morellini

Milano, 2014; paperback, pp. 151, ill., cm 14x21.

ISBN: 88-6298-325-5 - EAN13: 9788862983259

Subject: Cinema,Essays (Art or Architecture)

Languages:  italian text  

Weight: 0.23 kg


Hitchcock, Visconti, Ford, Dreyer, Saura, Scott, Minnelli, Kubrick. Sono registi, maestri assoluti. La loro estetica è riconoscibile e magica. Fotogrammi che si assestano nella memoria di chi li ha visti, e lì rimangono. E poi la cultura di oggi, da Mario Schifano a Andy Warhol, da Kim Ki Duk a David Lynch. Perché questi autori si sono affidati ad altri maestri, quelli della pittura, hanno riconosciuto la prevalenza di quell'arte nobile e hanno portato, nei loro film, quel grande valore aggiunto. Hitchcock ha esplorato Hopper e Dalì: l'inquietante casa di "Psycho" e le immagini oniriche di "Io ti salverò". Visconti ha attinto da Hayez: il famoso bacio in "Senso". "Il gladiatore" di Ridley Scott è semplicemente un dipinto di Gerome. Kubrick ha "ricostruito" gli inglesi del Settecento, come Hogarth, in "Barry Lindon" e mostrato opere contemporanee (Brancusi o Mei Ramos) in Arancia meccanica. John Ford ha "rifatto" Remington, gran pittore del west in "Sentieri selvaggi". Saura anima Goya ("La fucilazione sulla montagna") nel suo "Goya". I personaggi di Dreyer in "Dies ira" e scendono letteralmente dai quadri di Rembrandt. Artisti come quelli citati, applicati ai film: dunque "scenografi" strepitosi, irripetibili, non più rintracciabili. Non sarebbero bastati... gli Oscar. Introduzioni di Marco Meneguzzo e Giancarlo Zappoli.

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