Pietralba. Il santuario degli uomini dei monti
Curcu & Genovese
Trento, 2017; paperback, pp. 64, col. plates, cm 20x25.
ISBN: 88-6876-164-5
- EAN13: 9788868761646
Subject: Religious Architecture/Art,Travel's Culture
Places: Trentino Alto Adige
Extra: Religion Art
Languages:
Weight: 0.24 kg
«Una volta all'anno, fin da piccolo, nella vecchia casa del paese di Vigolo Vattaro, sentivo le voci dei genitori e dei nonni preannunciare il vicino pellegrinaggio al santuario della Madonna di Pinè. Bastavano poche parole per gettare noi fanciulli nella gioia più incontenibile - finalmente un viaggio, finalmente l'aranciata al bar di Pergine Valsugana prima di inerpicarsi sulla montagna pinetana - e, nello stesso tempo, nella consapevolezza angosciosa della lunga, stancante e infinita camminata. Perché, a differenza di oggi, il pellegrinaggio consisteva nell'andata ma anche nel ritorno. E le gambe erano quelle che erano e nemmeno molto lunghe vista l'età. Non eravamo così convinti che la "grazia", a cui noi bambini non riuscivamo ad attribuire contorni e significati chiari, fosse una valida ricompensa per tutta quella fatica. Poi, durante le lunghe serate invernali, quando eravamo tutti in cucina attorno al focolare perché le altre stanze non erano riscaldate - soltanto i nonni avevano una piccola stufa ad ole -, ogni tanto usciva un nome: Baissiston. Su quel luogo magico, perché lontano, le parole si rincorrevano una all'altra. Si raccontava - per sentito dire anche dagli anziani - che il santuario era in mezzo a un bosco, che era pieno di avvenimenti prodigiosi, che lì si otteneva la grazia, che il contadino Leonhard aveva visto la Madonna più volte della pastora Domenica Targa. Che la chiesa era alta, come una muraglia calcinata, e i campanili parlavano con il cielo e le campane "ciarlavano" con i pini e gli abeti. Dicevano, gli anziani, che si doveva prendere la corriera fino a Trento, poi il treno fino a Laives, e poi a piedi per quattro o cinque ore fino al Santuario; quindi il ritorno. Almeno due giorni. Bisognava portarsi il cibo e qualche coperta (...)»